Ieri abbiamo parlato dell’emergenza relativa al reparto di Pediatria, oggi vorremmo estendere questo approfondimento a tutto il complesso ospedaliero di Pieve di Cadore. Tiene banco la notizia che riguarda Radiologia, un reparto che a Pieve finora ha sempre funzionato a ciclo continuo, ma che ultimamente è stato interrotto nelle ore serali, durante le quali non è più presente un medico, ma solamente il personale tecnico. Nelle ore notturne di fatti funziona solamente una forma di tele-radiologia, collegata all’ospedale San Martino di Belluno.
Da una recente intervista rilasciata dal Dott. A. Costola, consigliere tecnico della Magnifica Comunità di Cadore ed ex primario di anestesia all’ospedale di Pieve di Cadore, si legge:
“I tagli alla pediatria, la chiusura nei finesettimana del reparto di ostetricia – ginecologia e l’ultimo caso della radiologia, fanno parte di un cammino iniziato oltre due anni fa per arrivare allo svuotamento dell’ospedale cadorino ed alla sua trasformazione in un Pronto Soccorso con alcuni servizi ambulatoriali. Con queste operazioni, ha aggiunto, tra breve tempo cesseranno man mano tutte quelle prestazioni che classificano un ospedale quindi l’ospedale di Pieve diventerà un semplice luogo di assistenza per lungodegenti.”
Da qualche anno si parla dell’ “Ospedale delle Dolomiti”, la cui realizzazione avrebbe i seguenti effetti: la perdita dell’identità acquisita nel tempo di ogni singolo ospedale funzionante sul territorio dolomitico, la perdita di molti servizi da questi erogati , una volta accentrati in un più grande nosocomio, lascerebbero i cittadini che vivono nei paesi delle varie vallate, senza i servizi essenziali.
Il primo passo per lo svuotamento dei servizi dell’Ospedale del Cadore era iniziato quando la pediatria di Pieve è rimasta senza primario. Invece di nominarne uno nuovo il reparto è stato legato a quello di Belluno, con la conseguenza di una diminuzione delle degenze nel reparto cadorino di circa il 40%. Lo scopo è di dimostrare che l’ospedale di Pieve non ha più i numeri per mantenere in vita il reparto. E’ evidente che una donna che rimane incinta, alla prima visita in ospedale cerca un medico che la segua in tutto il percorso della sua gravidanza, compreso il momento del parto. L’incertezza di avere un medico amico nel momento della nascita di suo figlio, fa sì che questa futura mamma cerchi un medico che sia in servizio anche nei finesettimana perché non sa in quale giorni partorirà e quindi non si rivolgerà più al reparto di Pieve, ma sceglierà un altro luogo dove partorire.
Il secondo passo è riconducibile a un’altra criticità: la mancanza di medici reperibili nelle ore notturne. Radiologia è una unità operativa complessa e pertanto ha dei protocolli precisi da osservare. Se questo non viene rispettato il medico ha delle grane. Ad esempio: se un ammalato di appendicite acuta viene ricoverato nella notte, per questa patologia il protocollo richiede una ecografia. Se questa non è possibile a Pieve perché manca il medico, il paziente andrà a Belluno e qui sarà operato, facendo scendere i numeri anche del reparto di chirurgia di Pieve.
C’è perplessità da parte dei sindaci Cadorini e del presidente della Magnifica Comunità, che hanno provveduto a segnalare tali criticità al governatore Zaia, dal quale si attende di ottenere riscontro.
A questo punto viene da chiedersi se in Cadore viene compreso che la questione dei servizi, e non si parla solo di quelli sanitari, dei quali veniamo progressivamente svuotati è un grave campanello di allarme e che è necessario coalizzarsi per poter ottenere dei benefici comuni. Ci vuole determinazione nell’ inseguire l’obbiettivo di ripristinare un’identità ai nostri territori, perché nel dare ascolto alle sirene che promettono solo soluzioni temporanee e locali, non si fa altro che dare ragione a chi ritiene che la montagna coi suoi scarsi numeri è un perenne fallimento di mercato.
(fonti: Corriere delle Alpi, Gruppi Facebook:” Cadore Emergenza: ULSS 1 sospende il bando” e “Lottiamo per difendere l’ospedale”)