Ieri, venerdì 12 agosto, mentre gli italiani staccano la spina per ferragosto l’Ansa ci informa che la manovra anticrisi che sta per varare il governo cancellerebbe 38 province sotto i 300mila abitanti e un numero imprecisato di piccoli comuni sotto i mille abitanti, di cui 18 in provincia di Belluno.
Ovviamente i presidenti di provincia e i sindaci che verrebbero decapitati dalla norma sono già insorti nella rete.
Ma cosa succederebbe se il blitz di ferragosto 2011 andasse veramente in porto? Sicuramente salterebbero un bel po’ di poltrone. Con il conseguente risparmio di denaro pubblico. Certo ci sarà chi si straccerà le vesti dicendo, nel nostro caso che la montagna non sarà più rappresentata (perché, finora lo è stata?), saremmo governati da Treviso e Vicenza che fagociteranno i nostri territori. Ma in un mondo globale la questione potrebbe essere davvero irrilevante. Tutto fa pensare, anzi, che la categoria di lavoratori più preoccupata da siffatta circostanza sia proprio quella dei politici. Vi ricordate cosa successe quando il referendum popolare del ’93 abolì il ministero dell’Agricoltura e delle Foreste e del Turismo? Cambiarono nome e ritornarono in vita. Nel ’93 Ciampi istituì il ministero per il Coordinamento delle politiche agricole, che poi diventò ministero delle Risorse agricole, alimentari e forestali e poi con D’Alema ministero delle politiche agricole e forestali. Il ministero del Turismo cambiò pelle e diventò Dipartimento nel 2006 con Prodi, retto da un ministro senza portafoglio. Oggi, a fronte della volontà popolare che abolì tali ministeri, infatti, abbiamo Galan ministro dell’Agricoltura e la Brambilla ministro del Turismo.
D’accordo, obietterà qualcuno, ma questa volta non è la volontà popolare (che può essere tranquillamente calpestata in questo Stato), ma sono loro, i grossi papaveri che anziché tagliare loro stessi, tagliano a partire dal basso, dai piccoli comuni e le piccole province.
Non sappiamo se questa rimarrà una delle tante boutade a cui il maleodorante governo Berlusconi oramai ci ha abituato. Certo è, che se dovesse andare veramente in porto dovremmo prepararci ad assistere a un repentino cambio di cartelli e targhe. All’ingresso di Palazzo Piloni, sede della Provincia di Belluno, ad esempio, potremmo vedere prossimamente “Provincia di Treviso, Dipartimento di Belluno”. Tutto come prima, insomma, tranne il consiglio provinciale la giunta e il suo presidente che non ci sarebbero più. Un’eventualità, che per l’uomo che cammina per la strada, non sarebbe percepita sicuramente come una grave sciagura.
Ovviamente il piccolo esercito di politici locali non se ne starà con le mani in mano ad attendere la propria morte. Ipotizzeranno scenari funesti per Belluno in conseguenza della “manovra tagliateste”. Scenderanno in campo i professionisti della montagna, gli autonomisti, i referendari. Tutti a proporre la loro ricetta. Maggioranza ed opposizione a braccetto, invocando i diritti dei popoli, l’autodeterminazione, la legge naturale, soprannaturale, la Costituzione, Dio, Patria e famiglia. Vedremo insomma il luccichio di lance, spade e forconi. Politica, antipolitica, profeti e falsi profeti in campo. Con Treviso, mai! Tutti con Trento. No, tutti con Bolzano. Peggio di così, ditemi voi…
Roberto De Nart – fonte: Bellunopress.it
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