Pronti a scendere in piazza, più cattivi di prima, e con una parola d’ordine: salvare gli ospedali e la sanità bellunese. A un mese dalla calata a Venezia dei comitati per la sanità, riesplode la protesta di sindaci e cittadini sulla questione legata al piano sociosanitario veneto e l’andamento del tavolo provinciale.«La gente di montagna», tuona Guido Trento, «è esasperata e se i comitati continueranno a essere esclusi dal tavolo provinciale della contrattazione, con la sanità bellunese ridotta a merce di scambio politico, la contestazione potrebbe arrivare ad assumere toni violenti. Speriamo che questo non capiti».
Ieri gli esponenti dei comitati bellunesi per la sanità, riunitisi a Ponte nelle Alpi, hanno puntato il dito anche contro le prestazioni extramoenia dei medici «che guadagnano anche 100.000 euro l’anno per prestazioni private. Quando un cittadino si rivolge al servizio pubblico aspetta sei mesi per un esame che da privato è disponibile il giorno dopo».
«Se continuano a tagliare i reparti», mettono in guardia i referenti dei comitati, «le liste saranno infinite e fioriranno gli ambulatori a pagamento». Questo prelude, per Trento, a un modello di sanità veneto che fa il verso a quello della sanità lombarda «con il progressivo smantellamento del servizio pubblico a favore di quello privato, come dimostra la vicenda del San Raffaele». Abbandonata quindi l’eccellenza sanitaria veneta, dice chi protesta, «che si basava sulla continuità terapeutica tra malato e territorio e l’integrazione socio sanitaria».
E piovono critiche anche per il governatore del Veneto: «Zaia dice che il budget per la sanità è calato, invece è sempre cresciuto, è che i soldi li mettono dove vogliono loro. I veri sprechi sono in pianura, con decine di ospedali in territori ristretti, poi vengono a tagliare qui dove siamo alla frutta, penalizzandole zone periferiche e creando così malati di serie A e di serie B. È possibile, per esempio, che a Cortina non si riesca a far tornare l’ospedale in mano all’Usl? Diventerebbe un gioiellino se servito dal pubblico in maniera oculata».
Per Denni Dorigo, presente alla riunione con Monica Savio per il comitato di Agordo, «chi ha tolto la chirurgia ad Agordo e si serve della stampa per denigrare gli ospedali, deve andarsene a casa. Ad Agordo non bisogna difendere quello che c’è, perché non c’è nulla. Anche il piano regionale del 2003 è sempre stato disatteso e le schede non applicate. Ora nemmeno un’appendicite si può più fare».
La crisi grava di conseguenza anche sui servizi sociali erogati dall’Uls. Per Giuseppe Belfi, del comitato di Borca di Cadore «non si deve puntare sui numeri, ma sulla professionalità di medici e infermieri». E se il loro numero in provincia scarseggia «è perché non hanno stimoli di miglioramento e prospettive di carriera sul lavoro, quindi non vengono o poi chiedono di andarsene».
All’incontro di ieri a Ponte nelle Alpi sono intervenuti anche Valeria Antoniacomi del comitato di Cortina, Maria Antonia Ciotti per quello di Pieve di Cadore e Gianmario Dal Molin per quello di Feltre.
di Ezio Franceschini
Fonte: Corriere Delle Alpi