Oltre 200 persone in piazza ieri a Campolongo di Cadore per protestare contro la chiusura dell’ufficio postale. «Una bella manifestazione – sottolinea battagliera Valentina De Zolt Gai, l’ex dipendente delle poste che ha lanciato l’idea di questa iniziativa – e speriamo che alle Poste ne prendano atto. Il sindacato ha confermato che ci aiuterà in questa protesta sacrosanta, che andranno sia a Belluno che a Venezia».
Al suo fianco Ruggero Grandelis, presidente della Regola di Campolongo, e Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano, che ha ringraziato i numerosi intervenuti. «Uniti possiamo far sentire meglio la nostra voce contro una politica dei tagli che – ha detto – si fonda sulla mera logica dei numeri e penalizza le nostre comunità. Lo abbiamo visto nel campo della sanità ed anche del turismo, e lo constatiamo con questa chiusura, che non solo danneggia gravemente Campolongo, ma ha ripercussioni anche a Santo Stefano, dove l’ufficio postale oggi appare congestionato. Meno servizi vuol dire una peggiore qualità della vita per tutti».
«Ancora una volta si vanno a penalizzare i più deboli – sottolinea, a margine della manifestazione, Gianvittore Massignan, segretario della Cisl pensionati – Questa frazione conta oltre 300 anziani, molti dei quali vedove e vedovi, alcuni anche senza famiglia, molti ultraottantenni, che hanno bisogno di ritirare la pensione o di pagare bollette. Possibile che non ci si renda conto del danno che la chiusura di un ufficio postale come questo comporta per la popolazione? A parole tutti sono a favore della montagna, ma nei fatti sono questi comportamenti che rischiano di ridurre la montagna come una riserva indiana. Si valuti almeno la possibilità di aprire a giorni alterni, avvalendosi della disponibilità a collaborare manifestata dalla Regola e dal Comune».
«Sui locali dove riaprire l’ufficio postale possiamo trovare un accordo», conferma il presidente della Regola Ruggero Grandelis. Potrebbero, insomma, essere messi a disposizione dalla stessa Regola, sempre che le Poste riaprano una trattativa. «Il caso di Campolongo ci preoccupa molto – spiega Francesco Riva, segretario postali della Cisl, anche lui in piazza ieri – perché era un ufficio aperto sei giorni su sei e che aveva il suo bel giro d’affari. Poste Italiane accampa la scusa che non effettuava più di 40 operazioni al giorno, ma si sa che la redditività oggi la si calcola più sul budget dei prodotti venduti che sulle operazioni. In realtà questa chiusura improvvisa a Campolongo, senza avvisare né sindaci né sindacati, sembra l’inizio di una strategia ben precisa, di una riorganizzazione selvaggia a scapito della clientela».
«Si riducono i servizi, si depaupera il territorio – gli fa eco Loredana Vian della Cgil – Poste italiane sta procedendo a testa bassa, senza tener conto delle difficoltà che in queste zone ci sono anche nel trasporto pubblico. Noi abbiamo interessato i sindaci, il commissario prefettizio Capocelli e ci stiamo muovendo rapidamente, perché notizie ufficiose parlano di ulteriori ridimensionamenti a breve. E dobbiamo vigilare». In prima fila all’incontro anche il parroco di Campolongo, don Maurizio Doriguzzi, il primo, dopo la chiusura dell’ufficio, a portare via dalle Poste in segno di protesta i risparmi della parrocchia.
di Stefano Vietina
Fonte: Corriere Delle Alpi