«Non è corretto sminuire l’importanza del grave episodio di inquinamento verificatosi recentemente nel Lago Centro Cadore, causa della formazione della macchia schiumosa che naviga nel lago da quasi un mese».

Lo afferma Stefano Campi, vicepresidente del Bacino di Pesca n° 4, intervenendo nuovamente sulla questione al fine di chiarire i punti rimasti controversi dopo l’intervento dell’Arpav.

«E’ bene precisare, spiega, che la macchia è stata avvistata a Domegge il 17 agosto e denunciata dallo stesso sindaco Lino Paolo Fedon», spiega Campi. «Considerata l’immobilità delle autorità competenti, il 24 agosto ho chiesto l’intervento dei vigili del fuoco perché la macchia persisteva. Da quel momento la procedura necessaria e doverosa in questi casi, da parte dell’ Arpav, si è messa in moto. Mi chiedo perché nessuna amministrazione l’abbia fatto prima, e trovo incoerente parlare di ambiente e di turismo, mentre si lasciano passare indisturbati questi fatti».

«Ora», aggiunge il dirigente del Bacino di Pesca, «il 14 settembre è stata formula l’ipotesi, e sottolineo ipotesi, che il fenomeno non sia da imputarsi ad inquinamento dovuto a sversamento dei depuratori. Questo perché i campionamenti sull’acqua reflua urbana alla foce dei depuratori di Pieve, Calalzo, Domegge e Lozzo, effettuati in data 29 agosto, indicano una situazione rientrante nei parametri. Cosa pensavano di trovare dopo ben 13 giorni dall’apparizione della macchia?».

Campi poi evidenzia alcuni elementi: «Questi controlli sono serviti solo a confermare che lo sversamento è stato, fortunatamente, un fatto isolato ma non che è stato un evento naturale, come si vuol far credere. Le correnti del lago cancellano velocemente le tracce, rendendo quasi impossibile risalire all’origine dell’inquinamento. Da parte mia», aggiunge ancora, «continuo a credere che l’inquinamento provenisse da qualche depuratore che finisce nel lago. Noi pescatori frequentiamo il lago e lo conosciamo bene: ne conosciamo anche i malanni. Fatti analoghi», ricorda il vicepresidente, «si sono verificati nel tempo, ma mai di questa proporzione. In quanto alle alghe», prosegue Campi, «esse si formano facilmente già dopo un paio di giorni in condizioni di caldo-umido, figuriamoci dopo 13 giorni. Perciò se le analisi fossero state fatte il giorno 17, data di apparizione della macchia, tutti i valori avrebbero superato i limiti di legge, risultando nocivi anche per l’uomo. Riconosco l’origine accidentale della macchia, ma non capisco i tentativi di celare un problema minimizzandolo, oltretutto perché successo ad agosto, quando ai comuni che lo richiedessero, potrebbe essere accordata la balneabilità del lago. Si tratta di un valore essenziale per un turismo sostenibile sul lago e per questo motivo auspico che i sindaci si mettano d’accordo per ottenerla. Auspico quindi d’ora in poi un maggior controllo degli impianti di depurazione da parte dei comuni, anche se li hanno dati in gestione al Bim-Gsp, perché ne risultano sempre i diretti responsabili».

di Vittore Doro

Fonte: Corriere Delle Alpi