Dimenticatevi le case di zucchero, i muri di marzapane, il tetto di pan di spagna e i laghi di cioccolato.

Questo non è il mondo di Hansel e Gretel, è l’Italia di oggi, che si sveglia nella crisi e agonizza nelle inchieste.

Ci sono grandi alberghi che passano di mano facilmente, c’è la storia che non ha memoria, ci sono i soldi.

Tanti, troppi, e troppo facili.

Gianni Brera sosteneva che in certe persone l’intelligenza vada considerata come un’aggravante, un po’ come l’ubriachezza nei fatti di sangue.

Nella vicenda dello storico Hotel Auronzo non c’è neppure intelligenza, solo una ottusa furbizia in salsa italiana, che coincide con quel vago senso di cialtroneria, di cafonaggine da malavitosi di provincia, da “Soprano” de noantri.

Gangster che si aggirano per le dolomiti con fasci di bigliettoni, nullatenenti che, vistosi e chiassosi come guappi falsificano bilanci e gonfiano fatture per ottenere mutui agevolati da funzionari infedeli e compiacenti.

Se non fosse grottesco sarebbe quasi divertente osservare come un giovane onesto per chiedere e (non) ottenere un mutuo per aprire un agriturismo debba presentare garanzie personali pari al doppio della cifra prestata, mentre per la criminalità organizzata sia tuttocosì semplice: due periti disonesti, qualcuno ben introdotto in banca, un vecchio hotel pieno di storia e magari un senatore che dorme (poco), mangia (tanto) e soprattutto gratis.

Et voilà.

La politica parla di rilancio del turismo e dimentica di citare dove prendere i soldi, così nelle pieghe della legalità, tra dichiarazioni vuote e costruzioni che vivono di storia e poco più ecco che arrivano i capitali “lerci”.

Siamo vittime della sindrome di Von Aschenbach, il vecchio professore che dopo una vita di impegno scopre la bellezza quando ormai è troppo tardi e il trucco cola, sbava, e diventa maschera tragica del tempo che fu.

La gente onesta, che non bara e non imbroglia vede e denuncia, perchè ormai al paese dei campanelli, non crede più nessuno.

Massimiliano Garavini

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