Tremate, tremate, le streghe son tornate.

Ohibò, oppure gli streghi, a seconda dei punti di vista.

Sarà che c’è una campagna elettorale in corso, sarà che la neve scende copiosa, fatto sta che qui tutti fanno a gara a spararla grossa.

Nel gioco del chi ce l’ha più lungo (il naso?), finiscono tutti a parlare e urlare e i fatti sono evidenti.

Il senso è quello di portare i voti al mulino, e pazienza se per farlo si promette l’impossibile.

Storia antica si dirà, ma la musica per vecchi animali non convince più nessuno, e ci sarebbe bisogno di concetti nuovi per sfide incognite.

L’abitudine alla precarietà della popolazione rende evidente il distacco tra le parole della politica e il bisogno di risposte delle persone.

Come affrontare il gap formativo per garantire lavoro alle giovani generazioni ?

Come rilanciare il territorio che si sta impoverendo di risorse ?

I partiti vi guardano e fanno: “Marameo! Se proprio ne avete tanta voglia leggete i programmi o venite ai nostri meeting”.

Giù incontri a rotta di collo, dove si parla molto ma si mangia poco.

Poi cadono dal cielo due fiocchi di neve e tutti a lamentarsi della politica che non fa nulla.

Delle due l’una, o gli elettori sono viziati e presuntuosi oppure a furia di parlare nessuno crede più a niente.

Tra dieci giorni le elezioni sono finite, le polemiche dimenticate, le promesse rinviate e il silenzio cade nella valle.

Vien da dire “come sempre!”, a meno che il risultato del voto non evidenzi qualcosa di nuovo, e che nessuno è in grado di intercettare, cioè il bisogno di partecipazione attiva e motivata, sincera, di condividere le responsabilità delle scelte perchè riguardano, in fondo, il bisogno di tutti.

Un insieme di piccole collettività che fanno un grande territorio comune di idee e spazi di interessi, senza che questo o quel candidato strumentalizzi persone e problemi per propaganda personale o come merce di scambio elettorale.

La strategia del mozzo nel barile, che scruta l’orizzonte in attesa della terra promessa o del premio in dobloni promesso dal capitano, non è più accettabile.

Massimiliano Garavini

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