La nuova rubrica di NuovoCadore verrà sviluppata in collaborazione con lo scrittore Francesco Vidotto che ci proporrà alcuni dei suoi racconti ambientati sulle Dolomiti cadorine. Ma prima di leggere le sue storie NuovoCadore ha voluto fargli una semplice domanda per farvi conoscere meglio il Francesco “uomo”, mentre per saperne di più sui suoi libri visitate il sito www.francescovidotto.com
“Qual’è il tuo rapporto con il Cadore?”
“Innanzitutto io sono un meticcio: per metà di Tai di Cadore, da parte di mamma e per l’altra metà di Conegliano. I miei primi anni di vita gli ho trascorsi quassù, con i nonni Olga e Leone Coletti. Così mi alzavo al mattino con Picco di Roda negli occhi e andavo a letto la sera che il cielo era denso di stelle. C’erano giorni in cui camminavo con il nonno nei boschi, “a confini”, e altri in cui lo accompagnavo in Galghena a prendere le uova. C’erano giorni di neve e di sole e anche giorni di pioggia in cui la mia bisnonna, che si chiamava Teresa, seduta nel suo scialle di lana blu, mi raccontava la storia del Barba Zuccon. C’erano anche giorni di soffitte.. in cui finivamo giù in “tabià” e passavo le ore a stupirmi degli arnesi da lavoro di un tempo, delle gabbie per i “richiami”, delle “moneghe”, degli sci di legno e della vecchia “lioda”.
Sono venuto su così, avvolto alle mie radici e alla natura fragile e magnifica di questi posti. Quando mi è toccato di andare in città per studiare mi sono subito sentito a disagio. Fuori posto. Non potevo scalare e neppure sciare e poi mancava il legno dappertutto e mancavano le persone tagliate con l’accetta, quelle di poche parole che dicono quello che pensano e fanno quello che dicono. Mi mancava anche il tempo lento, scandito dalle stagioni ed è così che ho cominciato a sognare di ritornare quassù.
Ho frequentato le superiori e l’università e poi il lavoro. Prima sei anni a Milano e i restanti a Treviso. Nei fine settimana e le estati e gli inverni ritornavo sempre a Tai, ma non era abbastanza. Così ho cominciato a scrivere, per sentirmi più vicino a casa. Ho cominciato a disegnare dei personaggi che ricordavo oppure a raccontare le storie dei nonni o le mie avventure in montagna.
Fino a quando è successo che alcuni editori e un regista piuttosto importante hanno cominciato a credere in me pubblicando quello che scrivevo. Qualche libro ha venduto più di altri e la gente si è appassionata alle belle storie del Cadore e sembrava che anche gli altri inseguissero in fondo la semplicità di quassù. Nel 2011 è successo che, con il romanzo Siro, ho vinto il premio Cortina e da allora ho potuto scegliere se continuare ad inseguire una vita dedita alla carriera oppure ritornare a casa. Ho scelto la casa ed eccomi di nuovo quassù, a Tai. Ora vivo qui e mi occupo di scrittura e, per quanto mi è possibile, cerco di raccontare di questo mondo verticale a chi legge i miei libri.
Perché amo il Cadore? Beh.. perché qui ritrovo le mie origini e io credo che, nella vita, ci si possa allontanare quanto si vuole dalle proprie origini ma appena molli le mani ritorni indietro. Spero davvero che i giovani, e tra questi mi ci metto anche io, scelgano magari di allontanarsi da questi luoghi per un periodo, per imparare un mestiere, ma che poi ritornino e si dedichino con ingegno e forza nuova alle nostre belle dolomiti perché può esserci il caso in cui, il futuro di una montagna, sia nelle mani di un piccolo uomo”.
Nei prossimi giorni inizieremo a pubblicare i suoi racconti proponendovi una bellissima storia ambientata proprio sull’Antelao! E per saperne di più sull’autore visitate il suo sito web www.francescovidotto.com