La Cooperativa Cadore Scs, dal 2011 impegnata nella gestione dei richiedenti asilo giunti e ospitati in territorio cadorino, tiene a fare una precisazione in merito all’articolo apparso martedì 3 gennaio sul Corriere delle Alpi. Sul “tavolo” il molto probabile arrivo di una quindicina di profughi ad Auronzo di Cadore. «Nell’articolo si legge che i profughi in arrivo “potrebbero essere affidati alla Cooperativa Cadore, come già in altri paesi del territorio”. Precisiamo che non è così», fa presente Luca Valmassoi, responsabile settore turismo della Cadore Scs. «Siamo intervenuti più volte per trovare alloggi. E siamo sempre alla ricerca di nuove sistemazioni. Sistemazioni che, secondo il modello adottato da noi sin dall’inizio, ossia quello dell’ospitalità diffusa, sono per piccoli gruppi. Ma non in questo specifico caso. Ad Auronzo non è la Cadore Scs ad occuparsene, ma saranno altri soggetti. Non abbiamo notizia su chi interverrà, ma possiamo dire per certo che non siamo noi».
E la realtà cooperativa nata nel 2008 a Valle di Cadore – con lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità tendendo all’integrazione sociale – coglie anche l’occasione per fare un bilancio dell’attività svolta in questi ultimi anni nel campo della gestione dei richiedenti asilo. «Sin dal 2011 è stato adottato il modello dell’ospitalità diffusa», ribadisce Valmassoi, «ossia piccoli gruppi dislocati in diverse zone: si tratta del modello che paga di più in termini di integrazione».
Considerata la sempre maggiore pressione dovuta all’inarrestabile flusso di migranti e, soprattutto, forte dell’esperienza positiva maturata nel periodo precedente, la Cadore Scs, dal mese di maggio 2015, ha visto aumentare il numero di prese in carico di richiedenti asilo, che dalla decina iniziale ha raggiunto ad aprile 2016 le 34 unità. «Attualmente la “famiglia” è cresciuta: siamo a 57 unità», precisa Valmassoi.
Nell’ultimo biennio si è provveduto anche all’apertura di nuove strutture, dislocate su Comuni del Cadore precedentemente non interessati nel progetto, coinvolgendo non solo altre amministrazioni locali, ma anche la Diocesi di Belluno, avendo quest’ultima generosamente concesso in comodato d’uso un suo ex convento.
Le strutture ricettive attive sono una casa singola a Valle di Cadore (capacità ricettiva 5-6 persone), l’ex convento (18-20 persone) e un appartamento (3-4) a Pieve, un appartamento a Domegge (4-5) «e, mentre è stata chiusa la piccola struttura di Perarolo, ne abbiamo aperte due nuove: a Lozzo (6 ospiti) e Santo Stefano (8 ospiti)».
Nelle diverse strutture, per quanto possibile, si è cercato di favorire la convivenza tra gli ospiti creando gruppi omogenei per lingua ed etnia. Inoltre, la Cadore Scs continua a facilitare la massima autonomia da parte degli ospiti per quanto riguarda la gestione dei pasti, delle pulizie, della lavanderia.
Le esperienze passate avevano visto la Cooperativa ospitare solamente giovani uomini provenienti dalle zone sub-sahariane. Dal giugno 2015 invece, hanno cominciato a presentarsi delle situazioni meno omogenee. Per alcuni mesi la Cadore Scs si è presi in carico tre coppie di coniugi e si è anche assistito alla nascita di un bebè, avvenuta nel settembre 2015. Inoltre, dall’estate 2015 sono ospitate anche persone provenienti dal continente asiatico, come ad esempio cittadini afghani, bangladesi e pakistani.
Per favorire l’integrazione sono stati organizzati incontri di discussione con lo psicologo della Cooperativa e da settembre 2015 gli ospiti possono usufruire dell’ausilio della figura della mediatrice culturale. Non sono mancati i corsi di lingua italiana: tutti i richiedenti asilo hanno potuto seguirli sin dai primi giorni del loro arrivo. Da non dimenticare, solo per citare alcuni degli altri progetti, le attività di volontariato (come sfalcio dei prati e pulizia delle strade); alcuni allenamenti e una partita amichevole grazie all’associazione sportiva Fc Cadore 1919; l’incontro “Human: Accoglienza, diritti e futuro”, a marzo 2016; l’impiego di cinque richiedenti protezione internazionale nel progetto di coltivazione del carciofo di montagna, “SIMBIorti”.
Fonte: Ufficio stampa Cadore S.C.S. Società cooperativa sociale Onlus