Adamo Marchioni, un cadorino di cui andare fieri. È stato un intraprendente e lungimirante artigiano che ha lasciato una testimonianza importante delle sue capacità. Domenico Marchioni era di Vinigo di Cadore. Quando tornò da Matauthausen, dove aveva trascorso un periodo come prigioniero di guerra a cui aveva partecipato con il cappello d’alpino. Tra il 1919 e il 1926, utilizzando solo materiali di riciclo proveniente da reperti bellici, costruì un orologio con ben 15 quadranti sui quali si potevano leggere le ore in vari fusi orari, del giorno della settimana e del mese.
Avrebbe voluto avviare una fabbrica di orologi o, in alternativa, una falegnameria. Ma non aveva i soldi necessari. E così nel 1927 l’orologio venne venduto. Da segnalare che arrivò fino a Venezia dove venne esposto nella fabbrica di pianoforti Senzin. L’anno successivo, grazie ai soldi incassati dalla vendita dell’orologio, Marchioni, in società con Giorgio Da Col di Calalzo, aprì una falegnameria a Peaio, lungo la strada che dalla statale porta a Vinigo. Iniziarono subito a produrre mobili di pregio. Tant’è che nel 1931 i cittadini di Vinigo, fornendo il legname ricavato dal taglio di alberi di pero, chiesero ai due bravi falegnami di costruire i banchi per la chiesa monumentale del paese. Ne sortirono banchi tutti intarsiati, autentiche opere d’arte, che, ancor oggi, richiamano l’attenzione di chi entra nella chiesa di Vinigo.
Purtroppo il 30 gennaio del 1935, la falegnameria venne distrutta da un incendio causato da un corto circuito. L’incidente portò alla chiusura dell’attività e allo scioglimento della società.
Adamo Marchioni finì alle corde. Per aiutarlo, don Giovanni Del Monego, curato di Vinigo, fece in modo che Marchioni trovasse lavoro presso l’Opera di Guanella, che in quegli anni aveva una sede anche a Vellai di Feltre. Dopo un periodo a Vellai venne trasferito a Barza di Ispra, in provincia di Varese, dove venne impiegato come domestico. Qui Adamo riprese i suoi studi di meccanica e riuscì a realizzare per la torre del castello medievale trasformato in convento, un altro meraviglioso orologio con 12 quadranti tra i quali uno che indicava l’ora esatta di Roma e altri che segnavano le ore in altre 8 città del mondo, con i giorni della settimana e la successione dei mesi.
L’inaugurazione dell’orologio è stata fatta il 12 settembre 1940. Per Barza fu un evento talmente straordinario che i religiosi inviarono al curato di Vinigo la lettera di elogio e apprezzamento per Adamo Marchioni.
Ecco il testo della lettera pubblicata sul bollettino parrocchiale di Vinigo:
Da Barza di Ispra (Varese) ci giunge la gradita notizia che il signor Adamo Marchioni, nostro concittadino, ha ivi costruito un orologio singolare e del tutto geniale. Si tratta di un orologio da torre che segna contemporaneamente, in nove quadranti, l’ora di Gerusalemme, Buenos Aires, Tokio, Greenwich, Nuova York Manila, Sidney, S. Francisco e Roma. In altri tre quadranti poi segna il giorno e il mese dell’anno e il giorno della settimana. L’orologio, che è installato sulla torre del Noviziato dei Servi della Carità di Ispra, è messo in comunicazione con un concerto di sei campane che, ogni sei ore, esegue la melodia de “L’Ave Maria di Lourdes.
La fama della sua straordinaria abilità si diffuse rapidamente e al suo nome venne accostato quello di “Mago dell’orologio di Barza”. Per i meriti acquisiti durante la Prima Guerra Mondiale, venne insignito del titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto. Tra i suoi documenti ha lasciato anche alcuni scritti dai quali emerge tutto il suo carattere rivolto al bene comune e al benessere degli altri. Insegnava che la carità è pensare agli altri e che l’umiltà è accettare il proprio posto.
Marchioni morì a Barza d’Ispra il 13 gennaio 1981.
“Se il buono e bravo meccanico Adamo Marchioni fosse stato compreso, favorito e sostenuto un po’ di più – commenta Giancarlo Soravia Capoto, lo studioso che ha scoper to la sua storia – il suo orologio meraviglioso e geniale prima che a Barza d’Ispra, avrebbe dovuto comparire sul campanile delle due parrocchie del Comune di Vodo. Ma purtroppo il mondo è fatto così”.
Articolo tratto da IL CADORE n.1-2018
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