«Autonomia, l’Alto Adige ci porti rispetto»
La Provincia risponde a Dürnwalder: «Ci sentiamo offesi». Le ragioni economiche della secessione
BELLUNO - Che il governatore dell’Alto Adige Luis Durnwalder consideri il referendum per il distacco del Bellunese dal Veneto e la sua aggregazione al Trentino Alto Adige una buffonata, una strada che non porta da nessuna parte, non è una grande novità. Lo ripete da mesi, apertis verbis. Ma la stroncatura al voto del consiglio provinciale di palazzo Piloni, formale via libera all’iter per la consultazione, per alcuni sa di beffa.
Un danno per i ladini. Il fatto è che secondo Durwalder il trucco c’è, tutto ai danni di ex coinquilini dell’impero austro-ungarico. «E’ un onore - ha ironizzato il governatore (Corriere del Veneto di giovedì) - che una provincia intera si metta in moto per unirsi a noi. Solo che non possiamo accettarlo. Perché è una mera provocazione, un’operazione destinata a mettere in difficoltà quei comuni ladini che, come Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia, hanno chiesto, per fondate ragioni storico- culturali, di passare dalla nostra parte». Tutto questo, le firme raccolte, la gente che si mobilita, la politica che si riunisce, al solo scopo di fare uno scherzo ai ladini.
Insorgono i Bellunesi. Il presidente del consiglio provinciale Stefano Ghezze si indigna e non ci sta a sopportare le «offese» di Durwalder. «La nostra delibera - afferma - non è una "boutade": è la presa di coscienza di una volontà popolare a cui abbiamo voluto dare risposta. E l’eventuale diniego del Trentino Alto Adige all’annessione del territorio di Belluno ha una valenza relativa: solo un parere consultivo».
Le ragioni economiche. E, in effetti, che le ragioni della mobilitazioni siano diverse, e che i ladini c’entrino poco, lo mette in luce uno studio della Cgia (Associazioni artigiani piccole imprese) di Mestre il cui presidente, Giuseppe Bortolussi, lancia un siluro oltre il confine: «Con l’Europa dei 27 la specialità di Trento e Bolzano non ha più senso». Perché, secondo Bortolussi, si creano pesanti differenze di trattamento economico; e questo spiegherebbe il movimento referendario «provinciale» bellunese e il sì del consiglio di Palazzo Piloni all’avvio dell’iter.
Le risorse. Il tema è quello delle risorse a disposizione dei Comuni: l’analisi della Cgia rileva difformità abissali, destinate a rinfocolare le polemiche tra Bellunesi e «cugini ricchi». «Un sindaco altoatesino - afferma Bortolussi - ha ricevuto in media nel 2008 (ultimo dato disponibile) entrate totali per 2.454 euro; uno trentino per 2.572; uno bellunese, infine, per 1.337. Quindi un primo cittadino altoatesino dispone ogni anno del 78,2% di entrate in più di un collega nostrano; percentuale che aumenta in provincia di Trento: 86,8%. Quanto alle spese, la media procapite a Bolzano è di 2.488 euro; a Trento raggiunge i 2.627; a Belluno, invece, si ferma a 1.401. In termini percentuali, quindi, si tratta del 77,5% in più per i sindaci altoatesini su quelli nostrani, e dell’87,5% in più per i primi cittadini trentini. Differenziali che indurrebbero chiunque a chiedere il trasferimento in aree che presentano un trattamento economico più generoso ». Anche l’analisi delle singole voci riserva sorprese. La differenza più alta per lo «sviluppo economico»: 143 euro procapite per i comuni altoatesini (+ 730,1% sulla media del Bellunese), 107 per quelli della provincia di Trento (+ 519,8%)e solo 17 per quelli nostrani. Altra voce critica l’«istruzione pubblica»: 322 euro per Bolzano (+ 199,6), 239 per Trento (+ 122,7) e 108 per Belluno.