Sono morti affogati nel lago di Centro Cadore: li hanno trovati l’uno vicino all’altro. Stefano Fedon e Frank Ernesto Chavez sono stati recuperati dalle acque del lago ieri pomeriggio: erano a 22 metri di profondità. Davanti agli occhi dei genitori e dei parenti, assistiti dalla psicologa e da un volontario del Cnsas; davanti agli occhi degli amici. I corpi sono stati individuati con il battello munito di scanner, fatto arrivare appositamente dalla base di Milano e che ieri ha permesso di risolvere il mistero della scomparsa dei due ventenni, e recuperati dai sommozzatori dei vigili del fuoco. Sul caso continuano le indagini dei carabinieri che anche ieri hanno raccolto le testimonianze per ricostruire le ultime ore di vita dei due giovani. Ovvia la segnalazione alla procura ma per ora non ci sarebbero fascicoli o ipotesi di reato a carico di terzi. E il sostituto Massimo De Bortoli ha disposto una ispezione cadaverica (non un’autopsia) che sarà effettuata questa mattina nella cella mortuaria del cimitero di Domegge. Del resto il referto medico parla di morte avvenuta per verosimile annegamento. Annegamento che viene fatto risalire già dalla notte tra mercoledì 29 e giovedì 30 giugno, cioè quando Stefano ed Ernesto hanno deciso di tranciare con una pinza gli ormeggi e le catene delle due canoe per attraversare il lago.

A procedere con gli accertamenti di rito, i carabinieri di Vigo e i colleghi della compagnia di Cortina, sul posto anche il colonnello Brighi, comandante del reparto operativo della compagnia di Belluno. La storia che prende forma dagli eventi, anche secondo gli inquirenti, è tragicamente semplice: i due ragazzi hanno preso le canoe di notte per fare la traversata del lago ma non ce l’hanno fatta.
Da vanerdì li hanno cercati volontari del soccorso alpino e i vigili del fuoco intervenuti con tre squadre di sommozzatori da Vicenza, Venezia e da Milano mentre una quarta del distaccamento di Belluno e Pieve procedeva sul gommone al monitoraggio lungo le rive del lago. Almeno due i battelli impiegati: il primo con un ecoscandaglio, quello lombardo arrivato ieri nel primo pomeriggio. Modesto Dilda, il responsabile dei sommozzatori in zona spiega che sulla barca ci sono «sonar e telecamera robotizzata con la quale individuare i corpi sul fondo è molto più facile e veloce. Il sonar, invidua le asperità del fondo che il robot analizza e controlla non soffermandosi sulle parti senza interesse». Così è stato: ancora prima delle 17 aveva già individuato i corpi, cosa possibile perché il raggio di azione del sonar è di oltre 400 metri. Pertanto ha coperto in un solo colpo quasi tutta la superfice del bacino, che nella zona compresa tra la darsena dove sono scomparse le canoe, il ponte di Vallesella e la riva di Cologna, arriva a malapena a quella larghezza.
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I due ragazzi si trovavano uno vicino all’altro», ha spiegato il colonello Brighi «ad un profondità di 22 metri, quasi al centro del lago». Per primo è stato recuperato Stefano Fedon. Il suo corpo è stato riportato a galla dai sommozzatori che dopo averlo deposto sul canotto a motore, lo hanno trasportato a riva, dove nel frattempo erano arrivate autorità e il carro funebre della ditta Martini di Lozzo, sul quale è stata caricata la prima salma.
Dopo mezzora i sommozzatori hanno riportato in superfice anche Ernesto Chavez. Le operazioni di recupero si sono prolungate fin dopo le 18,30, e solo a quell’ora la seconda salma è arrivata a riva sul gommone a motore. I due sommozzatori che hanno recuperato i corpi, sono invece tornati a riva a nuoto, arrivando spossati, sia per la fatica fatta durante il recupero, che per il peso dell’attrezzatura personale.
A riva intanto, singhiozzi e pianti. Di parenti e amici.

di Vittore Doro (fonte: Corriere delle Alpi)