Il decreto varato oggi dal Consiglio dei ministri che ha definito i criteri per il riordino delle Province previsti dalla spending review è destinato a creare più di qualche malumore, per non parlare di rivalità storiche tra popolazioni vicine come quella tra i livornesi e i pisani. Ma anche in Veneto non mancheranno i problemi: ufficialmente “salve” sono solo le province di Verona e quella di Venezia (che diverrà “città metropolitana”). Nella restante porzione di Veneto sarà necessario modificare gli attuali confini per creare delle maxi-province. Come? È ancora tutto da definire.

Di certo ci sono solo i nuovi criteri approvati dall’esecutivo: i nuovi enti dovranno infatti avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati. Saranno quindi 64 su 107 le Province da accorpare, di cui 50 in Regioni a Statuto ordinario e 14 in Regioni a statuto speciale. Le Province «salve» sarebbero dunque 43 su 107 di cui: 10 metropolitane, 26 in Regioni a Statuto ordinario e 7 in Regioni a statuto speciale. C’è da ricordare tuttavia che nelle Regioni a Statuto speciale varranno le prerogative previste dai rispettivi Statuti. In Sardegna, per esempio, la legge costituzionale dell’Isola prevede tre Province: Cagliari, Sassari e Nuoro. In Friuli Venezia Giulia, è il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, a ricordare che «è la Regione che deve decidere sia per quanto riguarda l’estensione sia per ciò che attiene al numero di abitanti» anche se ammette che «pensare di mantenere quattro Province in una regione come la nostra, di soli un milione e 200 mila abitanti, è un pò troppo».

«Ora parte un processo di riforma istituzionale dal quale ci auguriamo esca una Italia più efficiente, con una amministrazione più moderna», commenta il presidente dell’Upi, l’Unione delle Province d’Italia, Giuseppe Castiglione. In ogni modo la riforma delle Province è destinata a comportare un cambio storico della cartina geografica italiana, con nuovi enti che nasceranno, alcuni anche “riesumando”, o almeno ricordando da vicino, antiche suddivisioni del territorio italiano. Basti pensare che tra le nuove Province che potrebbero nascere dall’accorpamento di quelle esistenti c’è la “Provincia romagnola” che riunirebbe Cesena, Forl¿, Rimini e Ravenna che sono già al lavoro per un’unica Provincia; Parma, Piacenza, Modena e Reggio Emilia, invece, potrebbero far parte di una sorta di “Provincia del buon gusto” capace di riunire tutte le migliori Indicazioni geografiche protette (Igp) del Paese, dal parmigiano al prosciutto, all’aceto.

In alcuni territori il «taglio» delle attuali Province sarà drastico: basti pensare alla Toscana, dove, delle attuali 10 Province, solo Firenze ha i requisiti non solo per rimanere, ma per trasformarsi in città metropolitana. Le altre 9 dovranno accorparsi per dare vita – è probabile – a due nuove amministrazioni provinciali. In Lombardia, su 12 Province attuali, solo 4 (Milano, Brescia, Bergamo e Pavia) hanno i requisiti per rimanere in vita (Milano si trasformerà in città metropolitana), le altre dovranno in qualche modo accorparsi. Le nuove Province eserciteranno le competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità; perderanno invece alcune funzioni tra le quali quelle che riguardano il mercato del lavoro e l’edilizia scolastica.

Fonte: Corriere Delle Alpi