Il nuovo arcidiacono accolto nella chiesa di Pieve: «C’è posto per tutti. Siate presenti e il quadro sarà perfetto»
Accolto da una chiesa gremita, e dalla neve, monsignor Diego Soravia ha esordito con parole chiare dinanzi al suo nuovo “gregge”: «Mi presento a voi, uomo tra gli uomini. Accettatemi come sono e aiutatemi a servirvi meglio».
Alle 15, sul sagrato della chiesa, il nuovo arcidiacono del Cadore era atteso dal vicario generale don Luigi Del Favero, dai sacerdoti che con lui hanno concelebrato, dal sindaco di Pieve Maria Antonia Ciotti, dal Presidente della Magnifica Renzo Bortolot e da molti sindaci e autorità. Un mazzo di fiori e poi la lettura del decreto di nomina da parte del vicario generale con la presentazione del nuovo pievano arcidiacono. «Vorrei rubare il pennello di Tiziano per tratteggiare alcuni aspetti del nostro trovarci qui quest’oggi», ha esordito mons. Soravia nella sua omelia. «Sono un uomo di Dio, ma non sarò solo: ci siete voi, non come cornice, ma come ambiente concreto del nostro agire. Vorrei sognare con voi una Chiesa, una parrocchia come la voleva Gesù: libera, leggera, umile, sapiente, gioiosa, vicina a ogni uomo e quindi necessariamente povera, incapace di giudicare, capace di discernere, sensibile, rispettosa, innamorata di ciò di cui è innamorato il suo sposo, silenziosa, laboriosa, non asservita ai primi posti, nonassennata, un po’ folle, come sa essere un bambino quando si sente amato e può concedersi di saltare nel vuoto sapendo che qualcuno lo accoglierà con le braccia aperte».
Un programma esplicito, per scrivere il quale mons. Soravia ha voluto prendere in prestito le parole del cardinale Carlo Maria Martini: «Non ho altro da proporvi se non Cristo e Cristo crocifisso. Non sono tra di voi per restaurare canoniche o salette del catechismo, non sono tra di voi per sostenere questa o quella posizione politica, non sono tra di voi per arricchirmi e fare carriera; non sono tra di voi se non per presentarvi Cristo luce del mondo».
Nelle parole di Mons. Diego Soravia anche un chiaro riferimento al suo nuovo ruolo di arcidiacono. «Cercherò di essere “arci”, cioè grande», ha detto ricordando Papa Luciani, « nel volervi bene, nell’ascoltarvi, nell’incoraggiarvi, nel collaborare con i sacerdoti del Cadore, anche con quelli che non m’hanno votato. Aiutiamoci e collaboriamo per essere presenza propositiva per tutto il nostro Cadore, che ha bisogno di persone ricche di speranza, di coraggio, di futuro».
Infine un’indicazione pratica e un consiglio, da parte di un sacerdote che a Santo Stefano si è distinto con posizioni assai ferme a favore dell’integrazione (anche degli immigrati di colore) e della vita (con i bonus bebè): «Nella Comunità c’è posto per tutti, perché la Comunità siamo noi, i nostri cari, chi ha una fede robusta e chi è in ricerca. Fatevi vedere, offrite la vostra presenza e allora il quadro riuscirà perfetto».
In Chiesa anche il saluto di Elena Costella che, a nome delle due parrocchie, ha ricordato come «dall’arrivo del nuovo Pastore, la nostra comunità trae energia per continuare il cammino dello spirito e la pratica dell’amore. Le chiediamo, Don Diego, di aiutarci ad aumentare in noi lo stupore e la gioia di sentirci comunità cristiana».
Stefano Vietina – fonte: Corriere delle Alpi