Mountain Wilderness, allarmata dalla sempre più invadente presenza di croci ed altri simboli, per lo più religiosi, ma non solo, sulle vette italiane, ha proposto alle associazioni consorelle di sottoscrivere il presente documento al fine di presentarlo alla stampa nazionale e agli organismi istituzionali preposti alla valutazione dei contenuti riportati. E’ di grande rilievo segnalare che la stessa posizione enunciata nel documento è stata assunta pubblicamente dalla Commissione Pastorale del Vescovado di Trento.

Infrastrutture e croci sulle vette.
Documento del mondo alpinistico ed escursionistico rivolto agli enti pubblici.

Da alcuni decenni, ed in questi ultimi anni con sempre maggiore frequenza, il tradizionale uso di segnalare con una modesta croce il culmine delle montagne ha assunto un carattere sempre più vistoso e autoreferenziale, allontanandosi dal significato originario al punto da destare ragionevoli perplessità. Su creste, pendici e vette sorgono ovunque ingombranti strutture di diverso tipo, da quelle tecnologiche a quelle più dichiaratamente simboliche, portatrici di messaggi storici, religiosi, artistici o fantastici. La montagna viene usata come palcoscenico di ambizioni personali o di gruppo, per imporre aggressivamente convinzioni religiose, marcare il territorio con un proprio segno inconfondibile, o per costruire business. Qui non stiamo parlando di strutture tecnologiche, siano queste rivolte all’ospitalità e al turismo, o alla produzione di energia, o alle trasmissioni via etere, per le quali sarebbe necessario un discorso diverso e più complesso.

Ci limitiamo a chiedere l’ attenzione delle amministrazioni e degli enti pubblici, così come delle associazioni alpinistiche e escursionistiche, sull’opportunità di giungere a regolare, nel rispetto dei luoghi e delle diverse sensibilità dei loro frequentatori, la installazione di croci gigantesche (anche illuminate di notte), di crocifissi, di statue di madonne e di santi, di altarini in ricordo di defunti, ovvero di opere artistiche di carattere profano.

Ormai non si occupano solo le vette più significative. Questa discutibile abitudine sta tracimando su ogni cima, purché visibile dal fondovalle, e sta insidiando l’integrità naturale di crinali magari poco battuti ma reputati favorevoli alla promozione turistica del luogo. E’ sufficiente che singole associazioni o perfino singoli personaggi chiedano l’autorizzazione e ogni cosa viene concessa, spesso a prescindere dai valori qualitativi dell’opera, dall’impatto paesaggistico e ambientale, dai negativi risvolti psicologici, etici e culturali che il progetto porterà come conseguenza, una volta realizzato. Ciò purtroppo avviene anche all’interno di aree particolarmente delicate e tutelate da disposizioni nazionali e internazionali, come parchi naturali e riserve, siti SIC e ZPS. Basti pensare al dinosauro -di tre metri per sei- spuntato sulla cresta del Pelmo, montagna dolomitica inserita nei Monumenti del Mondo dell’UNESCO. Ai frequentatori viene di fatto negata la possibilità di attribuire liberamente alle loro esperienze in natura i valori interiori che sentono più affini, sopraffatti come sono dalla aggressività monocorde di tali installazioni, le quali, a nostro avviso, privatizzano e ipotecano indebitamente il “senso” di un bene comune. Siamo convinti che le montagne non abbiano bisogno di crocifissi e madonne per invitarci a pregare. Si può trovare la propria silenziosa preghiera anche appoggiandosi a un sasso, o indugiando a ammirare la torsione di un larice, o i riflessi del tramonto sui rami di un pino mugo, o riflettendo sulle sofferenze della prima guerra mondiale, o ricordando il sorriso di amici scomparsi con cui un tempo si erano frequentati quegli stessi luoghi, o semplicemente concentrandosi sul ritmo del proprio respiro.
Il rapporto spirituale degli esseri umani con gli spazi incontaminati della montagna non viene mai arricchito da strutture artificiali che tendono ad orientarne in una direzione o in un’altra il significato.

Le associazioni firmatarie di questo documento chiedono alle amministrazioni pubbliche, a partire dal profilo governativo nazionale per raggiungere le Regioni ed i Comuni, alle singole associazioni, di riportare sulle montagne la sobrietà di un tempo, evitando che questi ultimi regni della libertà continuino ad essere colonizzati e manipolati da chi pretende, attraverso tali mezzi invadenti, di imporre a tutti le proprie opinioni, anche estetiche.

Riteniamo sia necessario tutelare in modo deciso, attraverso uno specifico e preciso vincolo, tutte le aree protette, nazionali e regionali, le aree SIC e ZPS, i biotopi, le zone monumentali che sono state teatro di guerra, le infrastrutturazioni storiche quali mulattiere per transumanze e trincee.
Riteniamo sia necessario, anche in aree non tutelate, chiedere ed eventualmente imporre alle associazioni e alle organizzazioni di promozione turistica la massima sobrietà nella apposizione di simboli religiosi e artistici in montagna e sulle aree pascolive e che tali strutture vengano sottoposte a una precisa regolamentazione e normativa urbanistica.

Riteniamo necessario chiedere una revisione e una rimozione di tante opere imposte alle vette, opere sovradimensionate e ingiustificabili che incidono in modo negativo sulla percezione del paesaggio montano nazionale.

Auspichiamo che le varie associazioni alle quali fanno riferimento i frequentatori delle nostre montagne, elaborino quanto prima, di comune accordo e senza ambiguità, un vincolante codice di comportamento per quel che riguarda il problema che ci ha spinti a elaborare il presente documento.

Associazione proponente Mountain Wilderness Italia
Aderiscono e sostengono la proposta: WWF Italia, Pro Natura, Amici della Terra, Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, Altura, Comitato Nazionale per il Paesaggio.