«Chiacchiere. Solo chiacchiere». Reinhold Messner, il fondatore del “Museo fra le nuvole” del monte Rite, non si pente della sua sfiducia, datata ormai da anni, verso la Fondazione Dolomiti, quella che dovrebbe provvedere alla protezione delle Dolomiti da parte dell’Unesco.

«C’è stato lo scambio delle competenze tra Belluno e Bolzano, con la sola assicurazione di sfruttare meglio il marchio, nello stesso giorno», annota il “re degli ottomila”, «in cui noi annunciavamo la costituzione e dell’archivio delle Dolomiti, a Cibiana. Ecco la differenza, che è sostanziale».

Reinhold Messner ieri è salito ieri ai 2186 metri della vetta del Rite per inaugurare la nuova stagione del suo museo, ricevuto da un gongolante Eusebio Zandanel, sindaco di Cibiana, che insieme a Mauro Pupulin, il capo ufficio municipale, si sta facendo in quattro per avviare l’archivio ancora quest’estate.
E non lesina le solite critiche all’ente chiamato a rilanciare le Dolomiti tramite il marchio Unesco: «Le Dolomiti hanno fatto molto affidamento sull’Unesco e hanno fatto bene, ma la Fondazione, gestita dai partiti e dalla politica, in questi tre anni è stata solo fonte di chiacchiere. È stato fatto davvero poco».

Il registro non cambierà neppure adesso, col passaggio delle competenze da Belluno a Bolzano?
«Purtroppo no. Risentiremo le stesse chiacchiere, le stesse parole, come abbiamo ascoltato sabato, al passaggio delle consegne, a Dobbiaco, tra Belluno e Bolzano. E io, come gli altri montanari, non siamo più disposti a sentire parlare e basta».

Neppure l’Unesco, dunque, riuscirà a salvare le Dolomiti?
«No, perché si è affidato ai nostri politici. E dico di più, per le terre alte non c’è salvezza da parte della politica. Devono auto salvarsi».

Non ha fiducia neppure nel governo del nuovo presidente Enrico Letta?
«Il presidente del Consiglio lo stimo molto. E ho molto apprezzato il decisionismo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma da loro non mi aspetto nulla per salvare la montagna dall’abbandono. In questo momento hanno ben altre preoccupazioni».

I montanari, dunque, non devono aspettarsi nulla da Roma? Nemmeno da Venezia?
«No. L’Italia è al limite della sopravvivenza e le terre alte non possono aspettare aiuti da chi non li può dare. Devono auto salvarsi».

La cancelliera Merkel, nonostante le prossime elezioni, ritornerà in vacanza in Alto Adige. Lei riuscirà a portarla di nuovo nel Museo fra le nuvole, del monte Rite?
«È quanto mi riprometto di fare, ma bisogna rispettare la sua privacy, se la cancelliera tedesca decidesse di trascorrere qualche giorno di riposo da noi. Io mi auguro di sì, ma non è certo».

Silvio Berlusconi ha detto nei giorni scorsi che la Merkel va messa in riga. Il presidente Letta ha commentato che si è trattato di una battuta, lei che conosce Angela e le da del tu che cosa pensa?
«La Merkel è senz’altro europeista, più di tanti vip italiani. Certo, cerca di fare gli interessi della sua Germania, ma non è assolutamente contro l’Italia. È un’amica del nostro Paese, a volte mal ricambiata per la sua simpatia nei nostri confronti. Il fatto è che deve vedersela con un appuntamento elettorale molto importante. Se i Liberali dovessero perdere consensi, è evidente che la sinistra tornerà al Governo».

Lei quale previsione fa sulle elezioni in terra di Germania?
«Che vince Angela. E che rimarrà al timone della locomotiva d’Europa per altri 5 anni».

Con grande fastidio per l’Italia?
«Solo per l’Italia dei chiacchieroni, dei politici che continuano a chiacchierare».

Come mai nei giorni scorsi il monte Rite è stato preso quasi d’assedio dai turisti tedeschi, mentre non si è visto un italiano?
«Questione di risorse. Gli italiani stanno faticando sempre piò ad arrivare alla fine del mese. Ecco perché sulle Dolomiti vediamo sempre più numerosi i tedeschi, i ceki, i polacchi, gli ungheresi, ma anche turisti provenienti dalla Spagna. Le nostre montagne si salveranno grazie a loro, ma è giusto fare di più».

Sarà il caso, dunque, di procedere con l’allungamento dell’autostrada?
«No. Ciò che viene preferita è la naturalità delle Dolomiti. Vogliamo capirlo o no? Certo, le strade del fondovalle devono essere finalmente praticabili».

Fonte: Corriere delle Alpi