Oltre alla presentazione del bilancio d’esercizio, durante l’assemblea del 29 maggio e’ stato votato il bilancio sociale, strumento attraverso il quale si legittima il ruolo della Cadore s.c.s. agli occhi della comunità di riferimento e si enfatizza il legame con il territorio.
Per la prima volta il documento e’ stato frutto della condivisione di idee e di punti di vista, non solo del consiglio di amministrazione, ma soprattutto del gruppo dirigente.
Il direttore Umberto Farenzena inizia il proprio intervento spiegando perche’ quest’anno si e’ scelto di rinunciare ad un’ illustrazione analitica del documento:
“Per rispetto delle persone che questa crisi la soffrono, crediamo non sia il momento delle autocelebrazioni e quindi abbiamo scelto di non illustrare i nostri risultati. La relazione di oggi si pone l’obiettivo di cercare di aprire un costruttivo dibattito con gli attori della politica e del territorio.
In questi 5 anni la CADORE s.c.s. ha tentato di inventare lavoro. Lo ha fatto in un contesto di crisi globale ed in particolare dentro la crisi dell’occhialeria. Lo ha fatto nonostante la debolezza endemica dovuta al fatto di operare in un’ area interna gia’ di per se’ fragile.
Nonostante tutto, dopo cinque anni, la CADORE s.c.s. e’ conscia di essere inadeguata. l’inadeguatezza si manifesta drammaticamente di fronte alla portata del problema della disoccupazione: le 600 domande di lavoro arrivate a noi, che siamo una realtà giovane e semisconosciuta sono qualcosa di più di un grido di allarme.
Ovviamente la CADORE s.c.s. non ha una ricetta che guarisca il male ma ha idee e proposte su quali possano essere gli strumenti per affrontarlo o quantomeno lenirlo.
Innanzi tutto bisognerà saper gestire la trasformazione che abbiamo davanti, trasformazione:
– Economica;
– Sociale;
– Culturale.
Se per le prime due (economia e sociale), localmente poco si può fare, solo da noi dipende il cambiamento culturale. Per questo sarà fondamentale che il montanaro ritrovi il proprio ruolo di abitante e produttore scordandosi l’opulento passato e prendendo coscienza che le soluzioni dei problemi non arriveranno da fuori.
La seconda idea e’ che bisognerà condividere un progetto locale per la montagna rurale e lo si potrà fare solo a condizione che privato e pubblico cedano parte della loro forza e della loro identità. Ciò non significa né snaturarsi né perdere la propria autonomia, ma significa esercitare un’azione collettiva per tornare ad essere vincitori facendo così in modo che sia il territorio nel suo insieme che torna a vincere.
In questi 5 anni la CADORE s.c.s. ha operato cercando di unire una logica di mercato come l’efficienza alla coesione sociale e con l’aiuto dei singoli, di altre imprese, dei dirigenti della pubblica amministrazione, del personale politico ed amministrativo ci siamo in parte riusciti.
Eppure ad oggi ci rendiamo conto che tutto questo non e’ bastato.
Se gli uomini e le donne della montagna stanno facendo sempre più fatica serve fare di più, servono anche azioni congiunturali di emergenza.
Bisogna rivedere l’agenda delle priorità, bisogna avere l’umiltà di mettere in discussione la propria prassi operativa, anche se virtuosa, per coniugarla con quelle degli altri occorre mettere il lavoro al centro. I comuni, la regione, le fondazioni bancarie, le associazioni e le imprese possono prendere in autonomia la decisione di destinare in futuro risorse a questo scopo. La CADORE s.c.s. è pronta a fare la propria parte.
La concretezza ci dice che sono stati i valori di libertà e uguaglianza che hanno dato l’energia ai nostri padri e nonni per costruire quello che ci hanno lasciato, e che oggi non basta più.
Per costruire valore dai beni tecnologici e dal paesaggio, che è tutto ciò che ci rimane, serve il capitale umano ma, soprattutto ci serve la concretezza di un valore come la fraternità che ci fornisce l’energia per impegnarci in una impresa collettiva capace di produrre insieme al profitto/valore anche più società. Compito difficile da intraprendere ma senza alternative.”