Un piccolo, grande tesoro tra le mani, testimonianza di un tempo che fu e che non deve, non dovrà, mai più essere.

Si può definire così ‘Diario Clandestino del prigioniero 01603 nell’oflag 83 di Wietzendorf e documentazione dal campo. Germania 1943-1945′, a cura di Giovanni Monico ed edito da TiPi Edizioni – Tipografia Piave (214 pp, con fotografie).

Il libro raccoglie gli scritti del diario del cadorino Mario Monico, prigioniero all’oflag 83 di Wietzenorf dal gennaio del 1944 al febbraio dell’anno successivo, e racconta – con dovizia di particolari e stati d’animo – lo scorrere della non-vita durante la prigionia. Soprusi continui, malnutrizione, parole tedesche che abbiamo imparato, purtroppo, a conoscere, l’alternarsi di momenti di speranza, dati dai ricordi della ‘vita che era’ con i propri familiari, a momenti di annientamento fisico e psichico, dati dalla ‘vita che è’, fino alla morte per chi non resiste a tutto questo. ‘Diario Clandestino’ è un libro forte, un libro da neve sui binari (che è una delle immagini più tristi se pensiamo alle deportazioni sui treni dell’epoca). Pagina dopo pagina la testimonianza di Mario Monico si fa sempre più viva, e il lettore è lì con lui in quel campo, tremando nel cuore e nei polsi, tra il rumore di un allarme aereo e la rassegnazione verso un domani che tanti, troppi, non avrebbero potuto vedere, stremati da una umana cattiveria fino a quel momento inimmaginabile.

Pagine talvolta crude, ma sempre intense, come intense sono la Fede di Mario e i pensieri continuamente rivolti alla famiglia lontana, a quelle piccole cose quotidiane che rendono grande la vita di un uomo.

Tutte cose di cui in tanti furono privati, insieme alla loro dignità in quanto esseri umani.

Un libro come questo racconta episodi che sui libri di storia non ci sono, senza addolcirne gli eventi. Non si limita a riportare delle migliaia di cadaveri ammassati o bruciati, ma riporta anche di persone cremate ancora vive o divorate dagli insetti peggiori. Racconta di quanto davvero l’umanità sia sprofondata in basso, nell’abisso che non si può – e non si deve – dimenticare.

Ecco perché va certamente fatto un ringraziamento alla famiglia Monico per aver reso pubblica questa testimonianza. Prezioso patrimonio di un’oscura pagina che fu, e che ogni anno di questi tempi, ci diciamo, “mai più dovrà ripetersi”.