Durante il primo conflitto mondiale gli uomini furono strappati dalle loro occupazioni quotidiane, dai loro affetti famigliari e scagliati inopinatamente in un mondo di orrore e violenza dove erano obbligati a negare quei valori nei quali erano cresciuti, pronti ad uccidere o essere uccisi.
La tensione e le sofferenze fisiche, unite alle lacerazioni nella propria coscienza e alla brutalità della vita militare causarono profonde conseguenze sulla psiche scatenando in taluni forme di pazzia, o inducendo altri alla diserzione. Nel primo anno di guerra i più si allontanarono soprattutto per ragioni famigliari con assenze brevi, da 1 a 3 giorni, seguite da spontaneo rientro. Nel 1916 e nel 1917 invece le diserzioni aumentarono e pochissimi furono quelli che rientrarono spontaneamente, passando al nemico o rimanendo latitanti dandosi alla macchia, contando addirittura sull’aiuto della popolazione locale. Probabilmente sul fronte cadorino fu la durezza della guerra in montagna che indusse taluni a rientrare a casa o ad attraversare le linee per passare al nemico, come testimoniano tante sentenze emesse dal Tribunale di Guerra del I° Corpo d’Armata di Pieve di Cadore. Prendiamo per esempio alcune dell’estate 1916 emesse contro alcuni fanti dislocati nella zona di Cortina d’Ampezzo:
Rolando Giorgio, Rossotto Luigi Francesco, Sollazzo Santo Martino e Cometto Domenico… per avere il giorno 13 giugno 1916 abbandonato il proprio posto passando al nemico, asportando inoltre, una ventina di scatolette di carne in conserva (art. 212, 250, Cod. Pen. Militare). Bosso Giovanni… perché il 15 giugno 1916, mentre la propria compagnia si accingeva a lasciare i suoi appostamenti sotto le pendici del Forame, per iniziare un’azione offensiva contro le posizioni nemiche, si allontanava al ne di disertare e di sottrarsi così ai pericoli ed ai disagi della guerra in genere ed in ispecie al combattimento cui avrebbe dovuto partecipare, seco asportando tutti gli oggetti di corredo e di armamento dei quali era provvisto, rendendosi irreperibile nonostante le molteplici e diligenti ricerche esperite. Canova Giacomo… perché il 4 luglio 1916, abbandonando il proprio reparto, il quale trovavasi in vicinanza delle posizioni nemiche, si allontanava… e scavalcati i cavalli di Frisia collocati sul ciglione si dirigeva verso le linee austriache, sventolando un panno bianco; seco asportando, nella fuga tutti gli oggetti di corredo militare che aveva indosso.
Per questo tutti gli accusati furono condannati in contumacia alla fucilazione nella schiena.
Se questi, con molta furbizia, riuscirono ad attraversare le linee dandosi al nemico, altri, molto ingenuamente, scelsero di dirigersi verso le retrovie sperando di giungere a casa, fatto davvero impossibile per la capillare vigilanza dei Reali Carabinieri:
Guarnieri Ernesto, perché nella notte dal 10 all’11 luglio 1916, mentre la compagnia si trasferiva dalle posizioni di seconda linea di Ponte Ancona, alle trincee di prima linea sui Cadini, in presenza del nemico, si allontanava dal reparto, allo scopo di disertare e sottrarsi alle fatiche ed ai pericoli della guerra, recandosi verso Cortina, dove la sera del 12 stesso mese veniva fermato e tratto in arresto dai Reali Carabinieri.
Serena Guido Francesco, perché il 20 giugno 1916, allo scopo di disertare e sottrarsi così alle fatiche ed ai pericoli della guerra, per codardia si allontanava dalla propria compagnia impegnata in un’azione di combattimento alla Selletta di Croda dell’An- cona, dirigendosi verso Belluno e Bolzano di Belluno, nei cui pressi il 4 luglio successivo veniva scoper to e tratto in arresto ad opera di un sottuficiale del 7° Alpini. Scaini Igino e Tremola- da Alessandro perché, il 15 luglio 1916, mentre la loro compagnia trovavasi di riserva, nelle posizioni di Ponte dell’Ancona in presenza del nemico, dall’artiglieria e dal la fucileria del qual era battuta, e poteva da un momento all’altro essere chiamata ad impegnarsi, sia in combattimento insieme con le altre armi, sia per la distruzione dei reticolati, se ne allontana- vano senza permesso ed allo scopo di disertare, recandosi a Goito ed a Cernusco, finché il successivo 21 luglio detto, alla stazione ferroviaria di Lambrate, venivano tratti in arresto da un sergente di servizio e consegnati all’Arma dei RR. CC …
Nel loro caso il Presidente del Tribunale, Col. Francesco Meriano, fu clemente e, invocando le “circostanze attenuanti”, li condannò alla pena dell’ergastolo “previa degradazione, ed agli accessori di legge”. Scrive Attilio Frescura nel suo celebre libro “Diario di un imboscato”:
Ora, chi era condannato a tre anni di reclusione era felicissimo di passare il tempo di guerra in galera… Essendosi verificati numerosissimi casi di militari che andavano in cerca del reato per ottenere la cuccagna di una condanna, il Comando Supremo ha deciso che i condannati a meno di tre anni ritornino in linea a… riabilitarsi. Allora si è verificata una esasperazione nella gravità dei reati, per avere una condanna maggiore. E il Comando Supremo ha portato successivamente il limite a cinque, a sette ed anche a venti, caso per caso. Ma il soldato, vita per vita, tenta ugualmente…Vivere lontano dalla trincea dove il fango è commisto al sangue, lontano dall’assalto in cui il gesto è fermato dalla mitraglia, lontano da quello spasimo atroce che è la paura. È questa la povera umanità a cui Iddio ha dato una vita e un istinto per conservarla...
Articolo tratto da IL CADORE n.1-2018
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