A pochi giorni dalla chiusura dell’esposizione a Milano, presso il Palazzo Marino, del dipinto “Donna allo Specchio“, che ha avuto grande successo, contando più di centomila visitatori. (n.d.r. : l’olio su tela conservato al Louvre di Parigi, realizzato dal pittore nato a Pieve di Cadore alla fine del ‘400, è considerato dai critici come “opera in grado di riflettere la società veneta del Cinquecento”) si torna a parlare di Tiziano Vecellio.
Questa volta si tratta della “Sacra Conversazione” realizzata da Tiziano nel 1560 circa. Nella settimana di aste newyorkesi dedicate alla pittura antica, il 27 gennaio Sotheby’s (n.d.r.: è una delle più antiche case d’asta del mondo) calerà l’asso: è un capolavoro che non appariva in pubblico dagli anni 70. Dipinto da Tiziano per un amico padovano e poi passato di mano soltanto cinque volte in 500 anni, il quadro quota 15 – 20 milioni di dollari e raffigura una Sacra conversazione con la Madonna, Gesù Bambino, Luca evangelista e Caterina d’Alessandria. Il piccolo Gesù è in braccio alla madre, ma si protende con la manina verso la martire per farle una carezza.
Tiziano è già nonno quando lo dipinge verso il 1560 e, seppure al culmine della sua carriera, non dimentica la tenerezza dell’infanzia. La racconta però con un accento nuovo, con una sorta di realismo velato di malinconia, che caratterizza le sue opere mature.
Ha superato i settant’anni, sta lavorando quasi esclusivamente per la corte spagnola di Filippo II ed è la star del momento. Sono gli ultimi anni del Concilio di Trento (1545-1563) e della Controriforma e Tiziano (1488-1576) inaugura la serie delle «poesie», come le chiama lui stesso: quadri di soggetto mitologico che rappresentano una meditazione sempre più cupa e drammatica sul mito e sulle antiche favole.
Il giovane Tiziano che dipingeva sfrenati miti orgiastici non c’è più, meglio non avere più a che fare con idoli e divinità, forieri soltanto di sciagure: Adone ucciso dal cinghiale; Atteone sbranato dai suoi stessi cani; la ninfa Callisto sedotta durante la caccia e brutalmente umiliata a causa della sua gravidanza. Ma anche Europa è rapita da un dio maligno, Andromeda sacrificata al mostro marino da un implacabile Nettuno e Marsia scuoiato per l’invidia degli dei.
L’ultimo Tiziano dà il meglio di sé nei soggetti religiosi, che dipinge senza disegno preparatorio e con una gamma di toni smorzati, stesi con pennellate rapide, abbozzate, dense di colore pastoso messo giù con le dita. Questa tecnica così rivoluzionaria – e incomprensibile per l’epoca – fa di Tiziano un antesignano dell’informale e il punto di riferimento per giovani di talento come Velazquez, Rubens, Rembrandt, Van Dyck, non ancora nati in quel 1560.
Tiziano è al top della sua sfolgorante carriera, ma inizia la resa dei conti con la vita, con gli affetti, con il fare artistico. È il pittore più ricco della storia, però è solo: nel 1556 era morto Pietro Aretino, amico fraterno e promotore spregiudicato della sua arte; nel ’58 l’imperatore Carlo V, cui lo legava un sincero sentimento di gratitudine e nel ’59 lo aveva lasciato anche l’amato fratello Francesco. Tiziano si sente vecchio e riallaccia il legame con il suo Cadore, ove periodicamente torna. Nonostante le mani che tremano e la vista che si appanna, continua a dipingere e medita sul senso del tempo, sulla fragilità della bellezza, sull’ineluttabilità della morte e del peccato e sulla carezza di quel Dio-Bambino che mendica l’amore di ogni uomo.
(fonte: Ilsole24ore)