PIEVE DI CADORE. Interrogatorio fiume, ieri mattina, davanti al giudice delle indagini preliminari Aldo Giancotti per il responsabile del reparto di cardiologia dell’ospedale di Pieve di Cadore, Jacopo Dalle Mule, il primario finito tre mesi fa sotto inchiesta con le ipotesi di accusa di peculato e truffa ai danni dello Stato.
Il 28 settembre scorso il suo ufficio, su mandato della procura della Repubblica di Belluno, fu perquisito dagli uomini delle Fiamme Gialle, da dove furono portati via computer e documentazione varia, tra cui anche alcune cartelle cliniche. Stando a quanto s’è appreso, il primario ha voluto sottoporsi all’interrogatorio, davanti al gip Giancotti, dopo che, nei giorni scorsi, il sostituto procuratore della Repubblica che si occupa del caso, il dottor Antonio Bianco, ha chiesto la misura cautelare di sospensione dal servizio del professionista cadorino. Una misura cautelare che viene generalmente richiesta dal pubblico ministero al gip, quando ravvisa il pericolo che l’inchiesta venga in qualche modo danneggiata da almeno uno dei seguenti fattori: il pericolo di fuga (in questo caso da escludere), il rischio di inquinamento delle prove oppure di reiterazione del reato.L’inchiesta si sta concentrando sul legame tra l’attività ambulatoriale privata e quella pubblica esercitate dal primario cadorino (la cosiddetta “intra” ed “extra moenia”). Gli investigatori vogliono capire se vi siano state delle presunte irregolarità sull’applicazione della legge, entrata in vigore qualche anno fa, che ha costretto i medici che hanno doppia attività a dover scegliere: fatturare le prestazioni private per l’Usl di appartenenza, ricevendo in busta paga l’indennità di esclusiva, oppure esercitare l’attività privata in maniera autonoma, rinunciando a quella voce di stipendio.
Per quasi tre ore, ieri, il primario Dalle Mule ha risposto alle domande del gip Giancotti e del pm Bianco spiegando con decisione la sua linea difensiva, approntata di concerto col suo legale, l’avvocato Sandro De Vecchi. Stando a quanto s’è appreso, il primario cadorino ha sottolineato di essere al centro di un grosso equivoco, precisando anche di aver fatto sempre pagare il ticket ai pazienti, senza aver avuto alcun vantaggio personale. Nessuna, inoltre, commistione tra attività ambulatoriale pubblica e quella privata. Da parte sua, ha sostenuto, totale trasparenza. Al termine, il gip s’è risarvato la decisione.
di Marco Filippi
Fonte: Corriere Delle Alpi