Sono aumentati nel 2011 rispetto al 2010 gli interventi effettuati dal Soccorso Alpino bellunese. Ed è cresciuto anche il numero complessivo delle persone soccorse. Andamenti che devono far riflettere, visto anche l’impegno profuso nelle campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza in montagna. «Nel corso dello scorso anno», spiega Gianni Mezzomo, vice delegato Cnsas 2^ delegazione Dolomiti Bellunesi, «le missioni di soccorso in ambiente ostile e impervio svolte dalle nostre venti stazioni con il Suem 118 sono state 616. Nel 2010 erano 428. L’aumento è stato del 43,92%».

Persone in pericolo. Stesso andamento sul fronte delle persone soccorse, passate dalle 486 del 2010 alle 738 del 2011, con una percentuale in rialzo senza precedenti del 51,82%. «Quasi il 30% degli interventi», aggiunge Mezzomo, «ha riguardato persone che sono state poco attente».
Allarme rosso ad agosto. Il picco delle missioni si registra nei mesi di luglio, agosto e settembre, dove si concentra circa il 42% dell’attività del 2011. Agosto da solo ha contato il 22% degli eventi di soccorso. «Lo scorso anno c’è stata un’appendice abbastanza lunga dell’estate, per cui anche settembre è stato impegnativo».

Più morti del 2010. E se due anni fa i casi di decesso erano stati 27, lo scorso anno sono saliti a 43, con un aumento del 59%. Freccia all’insù anche per il numero di feriti (+32,28%, da 285 a 377), ma pure quello dei recuperati illesi (+82%, da 174 a 317). Due le persone scomparse e non ancora ritrovate: l’uomo di Bolzano di cui non si ha più traccia dal settembre 2011 (scomparso sul passo Fedaia) e l’altro con residenza a Vazzola del quale non si sa più nulla dal novembre 2010 e la cui auto è stata ritrovata tra Alano di Piave e Quero.

Troppa superficialità. Guardando alle cause degli incidenti, si rileva come nella maggior parte dei casi siano dovuti all’impreparazione di chi affronta la montagna. Il 10,70% degli interventi complessivi ha riguardato soggetti che hanno accusato malori e affaticamenti vari. Circa il 22% per la mancata preparazione tecnica ed esperienza, oltre alla perdita dell’orientamento (dato questo in sensibile crescita). In oltre il 32% delle situazioni, dunque, l’intervento non è causato da fattori ambientali, quanto dalla superficialità delle persone. Non a caso più dell’8% degli incidenti è ascrivibile alla scivolata su sentiero, neve e ghiaccio (anche per calzature non adatte e per la mancata previsione delle condizioni del terreno). Più basse le percentuali di incidenti per valanghe, frane e crolli, cedimento dell’appiglio, annegamento o nebbia.
Quattro morti nel “far legna”. «Un dato non trascurabile», mettono in risalto Mezzomo e Claudio Bolzan, vice capostazione Longarone, «è costituito dal numero di persone che si infortunano lavorando, soprattutto facendo legna in montagna. Nel 2011 ci sono stati quattro morti. E gli incidenti in questo campo sono il 3,25% del totale, un valore significativo dal punto di vista statistico». Il numero più alto di infortuni si riscontra nell’escursionismo, nello sci e nel surf in pista (dove gli incidenti sono in aumento), nell’alpinismo, nelle ferrate e nel free climbing.

In calo gli stranieri feriti. Scende il numero degli stranieri soccorsi. Nel 2010 le persone straniere soccorse dal Cnsas o dal Suem ammontavamo al 22,63% del totale (circa 1 su 4), mentre lo scorso anno sono scesi al 13,55. «Per capirne il motivo bisognerebbe svolgere un’analisi su più anni. Possiamo dire che nel soccorso piste sono coinvolti più tedeschi e turisti dell’est. Tra gli escursionisti sempre persone dell’est e trevigiani».

di Martina Reolon

Fonte: CorriereDelleAlpi.it