di Eugenio Padovan

Nelle vicinanze del passo di Monte Croce c’era un accampamento romano e reperti del IV-V secolo. Lo dimostrano le analisi al c14. Divulgati gli esiti delle datazioni al carbonio 14 compiute sui frammenti lignei e di carbone raccolti nel corso della campagna di scavi svoltasi nell’agosto 2013. Davide Pacitti, titolare dell’omonima equipe, formata da Diego Battiston e Gian Galeazzi, che ha realizzato le ricerche stratigrafiche nell’area del quadrilatero di 62X 62 m., con torri angolari, nella sede del Museo “Algudnei” di Dosoledo ha passato in rassegna le complesse analisi. L’attenzione è stata concentrata, soprattutto, sulle risposte fornite dal campione ligneo di conifera, diligentemente raccolto da Diego Battiston in una delle buche di palo scoperte analizzando le stratigrafie del torrione posto sul lato nord-ovest.

Il reperto, come hanno determinato gli esami condotti dall’Arco (Cooperativa di ricerche archeo-biologiche nel laboratorio dei Musei Civici di Como i cui responsabili sono Elisabetta Castiglioni e Mauro Rottoli) è ascrivibile alla piena tarda romanità. L’intervallo più probabile che hanno fornito gli esperti dell’Arco che si sono avvalsi del Cedad (Centro di datazione e diagnostica) dell’Università di Lecce cade tra il IV e gli inizi del V secolo dopo Cristo.

La presenza di un secondo picco allarga il campo di date, a valori inferiori di quasi un secolo, In altre parole, come ha precisato Pacitti, grossomodo al III inizi IV secolo dopo Cristo. Inoltre i due campioni di carboni, sempre di conifera, scelti tra i quattro consegnati e raccolti all’esterno del castrum, nella trincea di scavo prossima all’aggere sud-est risalgono, secondo quanto riferito da Pacitti, all’Olocene, cioè a circa 11 mila anni da noi. «Qui», ha opportunamente precisato sempre Pacitti, «non vi sono elementi per affermare che questi resti siano da far risalire alla presenza umana, mancando totalmente qualsiasi reperto preistorico come, ad esempio, strumenti in selce usati in quel periodo denominato paleolitico. Infine la datazione più vicina a noi, condotta su di un campione di abete rosso proveniente dal fondo del canale di scolo del torrione nord-ovest, che è recente o moderno. Per un materiale così, la calibrazione fornisce un campo di date particolarmente ampio a causa dell’effetto delle radiazioni atomiche provocate dalle bombe nucleari. Quindi per tali cause non è possibile stabilire se il materiale abbia qualche secolo o pochi decenni».

In ogni modo sono stati forniti i seguenti intervalli di date che coprono un periodo che va dal 1680 al 1950. Siamo, quindi, di fronte ad un importante risultato che premia chi ha creduto in questa sfida che ha avuto inizio alcuni anni fa con l’ individuazione di questo strano quadrilatero da parte di Gian Galeazzi. In particolare Arrigo De Martin, responsabile del Museo “Algudnei” cui si è giunti grazie alle indicazioni dell’architetto Daniela Zambelli, che ha intravisto con lungimiranza le potenzialità del sito sia dal punto di vista culturale sia da quello economico-turistico. Decidendo di finanziare le ricerche archeologiche eseguite in una prima fase da Flavio Cafiero e successivamente da Davide Pacitti.

Va pure ricordato come lo scorso settembre il professore austriaco Hansjorg Ubl, ora in pensione e residente a Brunico, visitando lo scavo, abbia affermato senza alcuna esitazione come tale quadrilatero, tracciato sul terreno, altro non fosse che un accampamento romano. Ora la conferma con la datazione al carbonio 14.

E qui si aprono delle affascinanti prospettive di ricerca, non solo su tale area ma pure sull’intero territorio comelicese da unire alla valorizzazione dell’area militare posta a ridosso del Passo di Monte Croce Comelico. Sono progetti, programmi e relazioni culturali sulle quali stanno lavorando da diverso tempo esperti, volontari e divulgatori del gruppo di ricerca che fa capo al Centro di ricerche culturali di Comelico Superiore – Museo “Algudnei”