Fino agli anni ’30 l’Italia è stata il secondo produttore mondiale di canapa (dopo l’Unione Sovietica). Incredibile ma vero. Poi le multinazionali americane hanno preferito farla sparire dalla faccia della terra (in quanto scomoda concorrente del nascente mercato petrolifero), con un ingegnoso escamotage, associandola alla marijuana.
Canapa e Marijuana fanno parte della stessa famiglia ma sono cose diverse: la prima, quella che si produceva in gran quantità in Piemonte, Emilia Romagna e sud Italia, serve per produrre alimenti (semi, olio, farina), bio-carburante, carta, tessuti, cordame, prodotti cosmetici e materiali (spesso innovativi e molto efficienti) per la bio-edilizia. E’ priva di THC (o meglio, ne contiene pochissimo), il principio attivo che “sballa”, non ha quindi alcun effetto psicotropo e soprattutto la sua coltivazione in Italia è legale e regolamentata (per chi fosse interessato ecco un articolo a riguardo: cosa fare per coltivare la canapa).
La seconda, quella più conosciuta, cantata da Bob Marley e simbolo della cultura hippie (e contemporaneamente dagli importanti e sempre più diffusi utilizzi terapeutici) è invece una sostanza psicoattiva, considerata droga leggera e la cui coltivazione in Italia è vietata.
Esteticamente le due piante sono molto simili, soprattutto in fase di crescita, quindi è facile confonderle.
Nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto segnalazioni di una coltivazione a Domegge di Cadore, immortalata nella foto qui sopra. Lo diciamo subito per tranquillizzare tutti: si tratta di canapa, dunque non di droga, dunque legale al 100%.
Il campo è curato dalla una nuova azienda agricola Il Frutto del Cadore con terreni in vari comuni, tra cui appunto questo di Domegge. Il ritorno della canapa nel Bellunese lo si deve a un progetto nato inizialmente a Soccher di Ponte nelle Alpi un anno fa circa, che sta prendendo piede in varie zone della provincia, tra cui ora anche il Cadore.
La canapa, oltre che gli utilizzi sopra citati, ha anche il grande pregio di nutrire il terreno dov’è coltivata e fa parte della nostra cultura popolare (che purtroppo nei decenni è andata persa).
Non possiamo dunque che accogliere positivamente questa novità e augurare buoni raccolti ai nuovi canapicoltori.