(riceviamo e pubblichiamo)
Chiudere i passi dolomitici al transito diurno delle auto e delle moto non è questione elitaria. Chi ama la montagna, chi la desidera vivere nell’intimità, nelle tante emozioni che riesce a trasferire sa che uno sguardo gettato sui tre piani di lamiere sotto le Tre Cime di Lavaredo rompe, con violenza inaudita, un incantesimo. Chi vuole ascoltare il fischio delle marmotte o il sibilo dei fringuelli di monte non può sentire confondere questi suoni con il rombo violento dei motori delle moto o del passaggio continuo di auto. Chi sale in bicicletta lungo i tanti tornanti non può venire investito dalle emissioni di migliaia di motori.
I nostri nonni e padri ci hanno tramandato ben altri valori, mai basati sulla velocità e sulla arroganza: il rispetto degli altri e di chi fatica, l’ascolto del silenzio nelle sue mille sfumature, la cultura del limite. Qualunque persona dotata di attenzione e cultura fino ad ieri era convinta che Dolomiti patrimonio dell’UNESCO dovesse investire in questi valori, non nel favorire la confusa invasione di massa di spazi tanto delicati e fragili.
Ci sono altri aspetti che sfuggono al Segretario della Fondazione Dolomiti UNESCO (noi speriamo abbia sempre parlato solo a titolo personale…). Il gruppo del Sella ed il Sassolungo, scandalosamente, sono stati lasciati fuori dal patrocinio UNESCO, il segretario quindi non ha alcun titolo, se non quello di cittadino comune, di esprimere le opinioni ed i giudizi sulle persone e scelte politiche che ha espresso. Non solo, non spetta al Segretario decidere la linea politica e le scelte di indirizzo dei piani di gestione dei nove siti patrimonio naturale dell’UNESCO, ma è compito diretto dei membri del Consiglio d’amministrazione della Fondazione, cioè dei politici e ovviamente, lo speriamo, della società civile e dei cittadini che le Dolomiti le vivono.
In tutte le Alpi amministrazioni comunali e regionali ormai da anni stanno attuando politiche di disincentivazione all’uso dell’auto privata investendo nel trasporto pubblico, in ferrovie moderne, nel trasporto funiviario. Possibile che proprio in Dolomiti non riusciamo a costruire un progetto pilota di grande innovazione, efficace, un reale servizio ai cittadini e agli ospiti turisti, che permetta a tutti noi di abbandonare progressivamente l’uso dell’auto? Noi lo sappiamo, l’auto è il mezzo di trasporto che impone alla società civile i maggiori costi, in termini economici, ambientali ed energetici. Perché non invertire una cultura che ci porta a consumare sempre più territorio e paesaggio?
Ci auguriamo che le provocazioni del Segretario della Fondazione permettano alla classe politica chiamata a governare anche i processi di mobilità in territorio dolomitico, ad avere coraggio. Partendo in tempi brevi con la chiusura parziale, a fasce orarie, dei passi dolomitici al transito delle auto, arrivando a sostituire con altri mezzi di trasporto la violenza imposta alle Tre Cime di Lavaredo e ad altre località, come certi arrivi discutibili del giro d’Italia (Gardeccia). Come del resto sta già avvenendo, e con risultati di grande soddisfazione, in situazioni di alto pregio: Val Veneggia, val di Tovel, val di Genova.
Luigi Casanova portavoce di Mountain Wilderness Italia