Il volume, diviso in nove capitoli, racconta la vita di Tina Merlin dalla prima infanzia alla morte avvenuta vent’anni fa, o, meglio è dire, fa parlare Tina interrogando le “carte” conservate nel suo archivio e in quelli di istituzioni pubbliche e private. E tanto perché alla sua voce non si sovrapponesse quella di chi scriveva, in altre parole alla narrazione il commento, anche se la sorveglianza non è mai venuta meno e il riscontro è stato cercato con il rigore dello storico. Si è così evitato un duplice rischio: da un lato, che fosse Tina stessa a dettare la sua biografia, dall’altro che si venisse componendo, pur senza volerlo, una sorta di “agiografia”.
Come si legge nell’introduzione “ Il risultato è un ritratto mosso, poco idealizzato cioè, raschiato non per confondere ma per alludere, fedele nel fondo quel tanto che basta a potervi riconoscere la cifra di un’esistenza, i lineamenti di una donna del Novecento, che del Novecento ha vissuto, con passione e ragione, gran parte delle vicende più importanti”, così da cambiare davvero la propria vita, così da far trionfare su ignoranza, sudditanza, povertà e pregiudizi, cui si volevano condannati gli umili, intelligenza, libera scelta, dignità e consapevolezza.
La presentazione di Toni De Marchi, suo allievo praticante redattore negli anni Settanta, poi giornalista all’Unità di Roma, aggiunge una testimonianza non retorica, ma vera, quando sottolinea la durezza, l’irriducibilità al limite dell’insolenza di Tina e la riconduce, tuttavia, subito dopo alla voglia di un mondo nuovo, “Perché Tina immaginava un mondo nuovo e chi, come lei, ha un progetto per il futuro è un costruttore anche quando sembra voler buttar giù tutto”. Un costruttore che si è speso con ininterrotto impegno “per chi il futuro non lo conosceva se non come un altro oggi: i montanari, gli emigrati, gli operai delle concerie. Le donne, le donne soprattutto”.