Splende il sole, sulle Dolomiti, ma nuvoloni nerissimi si addensano sulla stagione turistica estiva. Crollano le prenotazioni, soprattutto dei turisti italiani, e non va meglio il mercato estero, perché «il nostro prodotto non è internazionalizzato», tuona Gildo Trevisan, presidente di Federalberghi. Le prospettive sono drammatiche: «Prevediamo un calo di presenze di almeno il 20-30%», continua Trevisan. Il che significa «non passare l’inverno. L’estate è un periodo in cui di solito si guadagna qualcosa da mettere da parte. Quest’anno non andrà così, e le perdite si ripercuoteranno sull’inverno».
A far scattare l’allarme per la stagione estiva è stata Federalberghi del Veneto, che segnala numeri, in regione, quasi tutti preceduti dal segno meno. -3,6% le presenze di italiani registrate in aprile, -8,5% in maggio (a salvare il mese è stato l’incremento di turisti stranieri, +5,5%). In giugno la percentuale degli italiani in vacanza è ulteriormente diminuita, a fronte di una crescita di turisti stranieri non tale, però, da compensare le perdite del mercato interno. Se a ciò si aggiunge che il trend dei costi per le strutture alberghiere continua ad aumentare si capisce come gli operatori siano molto preoccupati per i due mesi clou dell’estate. Che possono salvare o decretare il fallimento della stagione.
«Le famiglie italiane non hanno più un soldo per andare in vacanza, bisognerebbe internazionalizzare di più il prodotto, tutti devono mettersi d’impegno a promuovere le opportunità che offre la montagna d’estate», continua Trevisan. In quel «tutti» c’è anche la Fondazione Unesco, «la cui scarsa operatività non ci aiuta», continua il presidente dell’associazione degli albergatori bellunesi. «I consorzi fanno quel che possono, compatibilmente con le risorse che hanno a disposizione. Anche la politica ha le sue colpe: siamo governati dalla pianura, cosa ne possono capire dei problemi della montagna? Dovremo invitare i nostri amministratori a consegnare le chiavi dei Comuni in Prefettura (in effetti ci hanno pensato più di una volta, ultimamente, ndr). Anche noi albergatori ci abbiamo pensato».
E sì che le Dolomiti sono un prodotto che si vende quasi da solo. «Però quando si dice Dolomiti la gente pensa Trentino», ammette amaramente Trevisan. «E questo ci fa uscire dal mercato».
C’è anche chi ammette candidamente: «Ci conviene quasi dire che siamo anche noi in Trentino», dice il presidente di Dolomiti Star Sergio Pra. «Tanto la nostra Regione è come se non ci fosse, non dà nessun input per incentivare la montagna, nessuna risorsa per qualche spot sui giornali, o in tv. Tutto quello che facciamo per la promozione è con le nostre forze». E meno male che «la promozione che fanno i trentini, di riflesso, arriva un po’ anche da noi», continua Pra. Anche Pra se la prende con l’Unesco, che ha «perso tempo» e ora «deve iniziare a funzionare».
«Qui ormai si vive alla settimana, la gente prenota tutta all’ultimo momento, tanto sanno che c’è posto. Per fortuna ci sono i ciclisti, avere il Giro d’Italia nelle nostre zone per quattro anni ha portato a incrementare il flusso di questa nicchia. Certo non sono il genere di turisti che va a negozi, ma dormono negli alberghi, mangiano, portano indotto».
Le grandi manifestazioni sportive, invece, non sembrano portare grande vantaggio: «L’indotto rimane tutto nelle località in cui vengono organizzate. Nei dintorni non arriva niente», conclude Pra. «Anzi, chiudere le strade per far passare i partecipanti mette in crisi molte località».
La vacanza ormai è mordi e fuggi, «un fine settimana se va bene», aggiunge il presidente del Consorzio Dolomiti Gino Mondin. «E gli alberghi, pur di vendere le camere, fanno offerte “da fame”. Si svendono, e anche questo non va bene».
di Alessia Forzin
Fonte: Corriere Delle Alpi