Agli inizi del mese di ottobre l’Università di Leeds, nello Yorkshire (Inghilterra), ha pubblicato i risultati della sua ultima indagine relativa alle aree naturali presenti in Europa.
Lo studio, il più completo e aggiornato sul tema, ha coinvolto numerosi accademici e si è occupato di mappare la qualità di ogni zona ed anche le forme di tutela previste per preservare i siti ecologicamente importanti. L’analisi che ha portato a designare ad ogni zona una percentuale ed un colore identificativo, è il risultato della combinazione dei seguenti fattori: naturalità della vegetazione, lontananza da insediamenti e dalle infrastrutture umane e la lontananza da strade trafficate dagli automezzi.
Come risulta dalla mappa riportata di seguito, la zona del Cadore rientra nel range delle percentuali 26-75%, una buona posizione considerando i fattori presi in esame. La natura e la sua tutela risultano essere quindi una chiave di successo, non solo nell’ottica di una qualità migliore della vita, ma anche sotto l’aspetto turistico.
Se guardiamo alla zona del Cadore il suo patrimonio naturalistico sta alla base dello sviluppo turistico e pertanto va protetto e valorizzato. Attualmente in Cadore ci sono già alcune zone protette da normative specifiche riguardanti il patrimonio naturale. Ad esempio, nel Comune di Perarolo, troviamo l‘area wilderness di Val Montina riconosciuta tale nel 1994. Si tratta di un ambiente selvaggio ed impervio dove si può ammirare la natura ritornata ad uno stadio molto simile a quello del tardo Mesolitico ed è sotto l’egida dell’Associazione Italiana per la Wilderness. Altra situazione tutelata da normative ben precise sono le zone denominate Patrimonio Unesco che preservano i beni iscritti nella lista tramite una convenzione. I soggetti interessati sono tenuti a rispettare leggi molto restrittive volte a mantenere le zone immacolate; in Cadore si troviamo parte del sistema Pelmo e Croda da Lago e del sistema Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave. Altra tutela normativa riguarda le zone che rientrano nella Rete Natura 2000: in Cadore vi è la Foresta di Somadida ad Auronzo, dove si possono ammirare gli abeti che in passato venivano utilizzati per i pennoni delle navi della Serenissima; e le Torbiere di Danta, ambienti caratterizzati da abbondanza di acqua e zone paludose in cui si sviluppano diversi e delicati ecosistemi. Altra zona tutelata con convenzioni private fra le Regole proprietarie è la Val Visdende.
Diversi sono quindi i nostri territori salvaguardati e già preservati dallo sfruttamento e dagli insediamenti umani.
Steve Carver, Direttore dell’Istituto di Ricerca Wildland (WRI) presso l’Università di Leeds, ha dichiarato che “oggi solo 1-2% del territorio dell’UE è formalmente tutelato da leggi e norme; si spera quindi di aumentarle al 5% entro i prossimi 10-15 anni. Questo studio è stato svolto nell’ottica di guidare lo sviluppo della politica dell’UE in materia di natura selvaggia e di indirizzare l’interesse sui servizi legati all’ecosistema, la salute e il benessere umano, il cambiamento climatico, la biodiversità, le aree protette e il concetto di re-wilding, ovvero il ripristino degli habitat al loro stato naturale”. Se nel XV secolo l’Europa coloniale andava cercando zone wilderness in continenti lontani, oggi la tendenza si è invertita con una ricerca verso l’interno del suo stesso territorio.