“Non esiste paesaggio senza sguardo, senza quella curiosità di analizzare il circostante con il preciso intento di una presa di coscienza. Guardare con attenzione significa avere la capacità di percepire le valenze estetiche, la corrispondenza emotiva tra lo spazio e l’uomo. Se è vero che nel paesaggio l’uomo sperimenta la durata del tempo è altrettanto vero che nell’ambiente vi è un riflesso socio – economico e culturale diretto, una sorta di volume a cielo aperto al quale non si può sfuggire”.
Sono parole di Matteo Da Deppo, esperto cultore e ricercatore della galassia artistica cadorina. Parole scritte per Mario Testa che, durante il mese di agosto, espone le sue opere nell’antisala del Cos.Mo. “Mario Testa – sostiene Da Deppo – si muove nell’arte pittorica con un passo che è diventato misura, un momento dove percepire il rapporto con l’esterno come armonia o disarmonia, come ordine o disordine, come paesaggio rispettato o degradato. Da artista della nostra epoca non può certo commuoversi in maniera bucolica davanti a un ambiente incontaminato (sempre se esiste ancora) e realizzare operette da cartolina utili a decorare anonimamente qualche parete. Lui sente l’urgenza di denunciare, di mettere davanti agli occhi i deliri d’onnipotenza d’una società che nel Novecento ha saputo compromettere l’armonia e l’equilibrio del mondo attraverso l’appropriazione della natura, violentando l’ambiente con la costruzione di ciminiere, capannoni, fabbriche e altri luoghi di produzione oggi spesso abbandonati e in disuso. Come ricorda l’artista “queste reliquie della società, sono scheletri di memoria. L’economia ha mangiato tutta la carne lasciandoci in eredità le ossa”.
La mostra propone al visitatore una serie di opere atte alla denuncia del degrado ambientale attuale, realizzate con colori puri ed espressivi e utilizzando spesso la tecnica del collage, recuperando degli scarti industriali e nobilitandoli in forma d’arte. Nel susseguirsi dei quadri emerge chiaro il messaggio dell’artista: vi sono moltissime aree d’Italia che possono considerarsi devastate, in particolare le campagne del Veneto e della Lombardia, che rappresentano la più frequente skyline del bel paese. I problemi evidenziati da Testa sono concreti ed evidenti, talmente evidenti che si stanno trasformando in abitudine. L’abitudine porta la fiamma della protesta e dell’indignazione a spegnersi accettando passivamente la realtà; è proprio in questo sorte di destino scritto che irrompe il messaggio dell’artista che vuole svegliare le coscienze, rianimare la flebile fiammella per cercare di far emergere il problema e cercare di affrontarlo.
Lui, nel suo piccolo gesto di recuperare frammenti di scarto (sacchi, plastiche, copertoni, ecc.), cerca di suggerire che tutto non è perduto, ma che attraverso la creatività, il rispetto e l’attenzione è ancora possibile apportare dei segnali positivi in questa società troppo spesso abituata a violentare l’ambiente. Visitare la mostra del Co.Smo significa prendere coscienza del circostante, provare ancora sdegno nei confronti del brutto, del depauperamento della natura; significa acquisire coscienza e poter affrontare, da cittadino consapevole e maturo, le sfide del mondo contemporaneo”.
Articolo tratto da IL CADORE n.8-2018
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