Un piatto di cibo prima che con la bocca si gusta o si pregusta con gli occhi. Per questo i piatti che i maggiori chef preparano nei ristoranti anche più noti, sia in Italia che all’estero, sono sempre più accattivanti e spesso sono molto più belli di quanto soddisfino poi il palato dei clienti, tanto da essere considerati delle piccole opere d’arte. E che gli italiani, grazie alla loro fantasia, in questo siano maestri, lo si può vedere non solo in televisione, ma sopratutto sulle riviste di cucina e sui libri. Corinne De Carlo di Calalzo di Cadore ne è tanto consapevole che ha scelto questa “arte” per inventare una figura professionale nuova, moderna e tecnologicamente avanzata, per la quale ha coniato anche un nuovo nome: “Food-dreamer”.

Cosa significa?
“È la definizione di una nuova professione che al suo interno racchiude le figure di food-stylist, foodphotographer, food-artist e food-developer”.

Corinne è una trentenne cadorina che lavora nel campo del marketing e collabora con alcune agenzie di pubblicità locali e nazionali. Da poco più di un anno ha ideato alcune nuove attività interpretate proprio da queste specialità: food-stylist, foodphotographer, food-artist e fooddeveloper”.

La curiosità è tanta. Di cosa si tratta?
“Per capirlo vi dico cosa faccio. In particolare mi occupo di rendere il cibo accattivante, attraente e gustoso senza assaggiarlo, ma solo attraverso un’immagine che dovrà essere invitante ancora prima di andare sul set ed essere fotografato diventando poi protagonista di riviste, libri, packaging e pubblicità. Insomma è un arte che permette di far emergere il lato migliore di un piatto, trasformarlo in un oggetto di desiderio. Infatti, per quanto buono, qualsiasi cibo non può essere estratto dal forno e portato sul set, ma va preparato, mettendo in risalto le sue qualità. È esattamente come prendere una qualsiasi modella appena sveglia, e portarla sul set in pigiama. Non perché non sia bella. Ma perché va preparata, facendola passare attraverso i truccatori che ne rendano l’immagine secondo i desideri del fotografo. Lo stesso vale per qualsiasi piatto, così come qualsiasi cosa che va sul set: bisogna prepararli per l’occhio della macchina fotografica. Le foto professionali di cibo possono sembrare sono immagini complesse, che hanno il compito di stimolare i sensi, di evocare tutta la gamma di esperienze sensoriali che quel cibo può offrire. Non basta solo cucinare, siamo nel campo della narrazione più che della gastronomia, io racconto una ricetta, oltre che inventarla”.

Cosa prevede per il futuro?
“Tante novità: dagli eventi di food-art, corsi per bimbi e workshop di foodstyling, che presenterò nelle scuole e nelle aziende, illustrando cosa si può fare e proponendo fotografie artistiche e libri di cucina”.

Ha un sito?
“Da pochi mesi ho deciso di unire il food-styling e la fotografia alla mia passione per la cucina biologica e crudista – tra l’altro per nulla conosciuta in Italia – aprendo il blog che ho chiamato THE BIANCA’S KITCHEN. E così sono diventata anche una sviluppatrice di ricette”.

Da dove parte il tutto?
“Andando avanti con gli anni i lavori sono sempre più simili e per essere competitivi sul mercato bisogna trasformare le attività conosciute innovando, proponendo, spingendosi oltre quella confortevole linea che un po’ per paura e un po’ per pigrizia pochissimi superano. Io in questo rinnovamento ci credo perché ho fiducia in me stessa”.

Il blog di Corinne tratta principalmente di cibo biologico, vegano e crudista. E lei lo racconta con entusiasmo, sottolineando che confida molto nella sua terra, il Cadore, in quanto terra ricca di attività nell’ambito della ristorazione e di complessi alberghieri ma anche di piccole realtà imprenditoriali nel settore del cibo che potrebbero trovare nella figura del food-dreamer un valido prodotto per la loro sponsorizzazione.

“Ritengo la mia professione e il mio progetto che sto promuovendo tramite i social media – spiega Corinne – un’iniziativa interessante e alquanto originale perché nessuno, in Cadore e nel bellunese, ha finora proposto un servizio del genere”.

a cura di Vittore Doro

 

Articolo tratto da IL CADORE n.7-2018


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