Nel dibattito che si è generato in merito ai problemi e sul futuro della montagna bellunese, reso ancora più acceso dopo il black-out, numerose sono state le dichiarazioni discordanti sul tema. NuovoCadore è d’accordo con Mountain Wilderness, col comitato Acqua Bene Comune (ABC) e con Per Altre Strade e si dichiara contrario alla posizione di Gian Domenico Cappellaro, presidente di Confindustria Belluno.
NuovoCadore ritene che la vera ricchezza del Cadore e tutta l’aerea dolomitica risieda nella sua natura quasi incontaminata. Per preservare questo patrimonio vanno incentivate forme di business alternative che non intacchino la natura. Escursionismo, ciaspole, risalite con gli sci, mountain bike, gite con le slitte e tutto ciò che non comporta la costruzione di impianti troppo invasivi e potenzialmente inquinanti sono la strada da percorrere per garantire un futuro a queste zone e per consentire alla natura di essere ammirata anche dalle generazioni future.
Nello specifico le posizioni delle altre parti sono le seguenti.
Per Cappellaro, la possibilità di mantenere viva la montagna e di garantire occupazione e benessere diffuso si fonda sulla realizzazione di nuovi impianti di risalita, sul compimento di grandi infrastrutture viarie transalpine e su una “green economy” fondata soprattutto sulle centraline idroelettriche, concetti che lo portano ad accusare i Comitati del NO di condizionare lo sviluppo dell’intero territorio con la loro strenua opposizione a queste opere.
Sul fronte opposto, Comitato ABC e Associazione Ambientalista Mountain Wilderness accusano Confindustria di continuare a “perseguire una miope ideologia sviluppista Anni 50, fondata sull’ormai improponibile connubio asfalto-cemento e sullo sfruttamento illimitato delle risorse naturali, e reclamano un ribaltamento di prospettive con il sostegno a tipologie di lavoro partecipativo, che dal basso possano dar vita a un’economia diffusa e articolata”.
Questa visione trova d’accordo anche Per Altre Strade Dolomiti, Comitato Interregionale Carnia-Cadore, “contrari alle grandi opere calate dall’alto, funzionali a interessi estranei ai territori attraversati, e a un’economia di rapina dei beni comuni Acqua e Paesaggio, che vanno invece conservati, valorizzati e fatti conoscere in funzione anche di un turismo sostenibile, reso ancora più attraente dal marchio Unesco, una certificazione che deve far riflettere tutti”.